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Delos Cyberzine e Urania presentano Cybescopio, ovvero il vostro osservatorio sul mondo della scienza e della tecnologia.
di Franco Forte
Forse diventeremo immortali, come sostengono alcuni ricercatori americani che sono riusciti a sintetizzare una sostanza in grado di far riprodurre le cellule morte dei bruchi, e che presto prevedono di poterla applicare anche agli esseri umani, ma se anche così non fosse, di certo la corsa della tecnologia e della scienza ci sta portando a toccare limiti che fino a qualche tempo fa pensavamo inimmaginabili.
Cyberscopio vuole fare il punto su alcune delle teorie speculative più interessanti, sulle curiosità del mondo della telematica; vuole dare un'occhiata negli anfratti della vitalità umana e capire quanto la fantascienza, all'orizzonte del 2000, sia ancora in grado di predire, di anticipare, di stimolare non soltanto l'immaginazione ma anche l'entusiasmo dei migliori tecnici e scienziati del mondo.
CLONOCREAZIONE
Attraverso le speculazioni mirabolanti dell'ingegneria genetica e i risultati altrettanto incredibili che tecnici e scienziati di tutto il mondo stanno producendo nei laboratori delle multinazionali farmaceutiche o delle università più prestigiose, ormai tutto ci sembra possibile e raggiungibile in breve tempo, compresa la favoleggiata vita eterna.Eppure prolungare la vita di un essere umano è un compito molto difficile, e gli studi in questo senso riescono a compiere miseri passi in avanti che non ci danno (almeno alle nostre generazioni, quelle che potrebbero sperare) molta fiducia.
Eppure la fantascienza aveva provato a dare dei consigli, a elaborare teorie, a produrre speculazioni più intelligenti di quanto non si possa pensare.
Ricordate il romanzo Gli Amaranto di Jack vance? La stirpe degli uomini immortali riusciva a rigenerare se stessa travasando le proprie menti all'interno di cloni ricavati da stampi genetici dei propri corpi.
Anche il grande comico Woody Allen ha affrontato di petto il problema. Nel suo Il dittatore dello stato libero di Bananas, le autorità cercano di far tornare alla vita il dittatore clonandolo da quello che ne era rimasto dopo un attentato dinamitardo: il naso.
La teoria è piuttosto semplice: si studiano le matrici basi del codice genetico di un essere vivente (i mattoni, insomma, del suo castello biologico) e le si riproducono in laboratorio, lasciando che crescano e si sviluppino fino a quando l'originale non verrà ricreato fin nei minimi particolari. Naturalmente, il problema di come travasare tutte le memorie e i processi di pensiero dell'essere clonato nel clone resta per il momento risolto soltanto nei migliori libri di FS.
Eppure qualche passetto in avanti la scienza lo sta facendo. Il professor David Mooney, dell'università del Michigan, ha infatti già risolto il problema di clonare il seno femminile, riproducendolo in laboratorio con un misto di tecniche bioingegneristiche.
Dato che al di fuori del corpo umano non è possibile far crescere tessuti biologici con spessori ragguardevoli (non si va oltre il centimeto), alle tecniche di clonazione il professor Mooney ha supplito con un impianto biotecnologico molto raffinato.
Il seno femminile è stato ricostruito artificialmente creando una struttura tipo alveare, le cui cellette sono state riempite con tessuto mammario clonato (a piccoli spessori) direttamente dalle cellule della paziente. Riempiendo via via le cavità, il seno può essere ingrandito fino alle dimensioni volute, e questa tecnica simmetrica consente la formazione ordinata della struttura capillare,e dunque un buon apporto di sangue per l'irrigazione dei tessuti.
Alla clonocreazione del seno ci siamo arrivati, e chissà, magari in un prossimo futuro sarà possibile riprodurre braccia, gambe, teste, organi di senso, vista e tatto, fino a quando la clonazione completa di un essere umano ci sembrerà un'operazione poco più complicata di una normale appendicite.
Mi auguro di essere ancora su questa terra, quando tutto questo accadrà...
TESSUTO DI CRISTALLO
Quante volte, nella fantascienza più classica, abbiamo letto della semplice operazione di opacizzazione delle finestre? Il protagonista del nostro romanzo si avvicina alla console del computer domestico (o se vogliamo, in modo più avveniristico, si limita ad alzare la voce verso i ricettacoli sonori del terminale di casa) e ordina ai vetri di scurirsi, in modo da non far entrare la luce. Oppure in taxi, in automobile, gli oblò delle astronavi che cambiando grado di opacizzazione consentono di scrutare le stelle.Ne abbiamo sentito parlare così tante volte che probabilmente la notizia che adesso le finestre opacizzate esistono veramente non ci fa neppure troppo effetto. Eppure si tratta di una delle invenzioni del secolo, destinata a stravolgere il comune ordine domestico delle nostre vite.
Due grandi industrie, la Viracom e la 3M, sono riuscite a realizzare un tipo speciale di vetro che contiene una pellicola di cristalli liquidi. Questi cristalli, quando sono attraversati da una corrente elettrica, hanno la particolarità di allinearsi e di lasciar passare la luce come vetro. Ma quando la corrente non c'è, la loro disposizione diventa disordinata, e questo conferisce la vetro una consistenza opaca.
Niente più tendaggi e tapparelle, dunque, per la casa del 2000. E altra fatica per gli autori di fantascienza che dovranno inventarsi nuovi sistemi per stupire i lettori con le loro anticipazioni futuristiche.
ITALIANI IN CATTEDRA
L'universo telematico mondiale si sta evolvendo, le grandi compagnie costruttrici di piattaforme harware cercano nuovi cervelli per condurre le loro battaglie hi-tech, e quantunque l'Europa non sia il tempio del business computer, le strategie di mercato non possono dimenticare quello che è il più grande e fervido serbatoio di acquirenti del mondo.Ma c'è un particolare che non tutti hanno notato, e che ancora una volta dimostra come le teste pensanti italiane siano apprezzate all'estero. Sono quasi tutti nostri connazionali, infatti, i boss europei dell'informatica, a partire da Lucio Stanca, presidente della IBM Europa, fino a Marco Landi, numero uno della APPLE Europa, passando per Vincenzo Damiani, presidente della DIGITAL Europa e Franco Mariotti, presidente della HEWLETT-PACKARD S.A. Europa.
E poi dicono che noi italiani sappiamo solo mangiare spaghetti e suonare il mandolino...
VIDEOACQUARIO
Chi non possiede nel suo appartamento un acquario, con i suoi colori, la turbolenza dell'ossigeno nell'acqua, la vitalità dei pesciolini esotici che vi nuotano felici, non può comprendere quanto sia rilassante e confortevole avere a portata di mano (e di occhio) una porzione seppure infinitesimale di un fondale oceanico.Ma quanti problemi, anche, con gli acquari moderni. L'acqua da cambiare periodicamente, il cibo da versare, i pesci da tenere sotto controllo e un'infinità di altre incombenze.
Certo, esistono congegni elettronici in grado di pensare a tutto, soprattutto quando si è lontani da casa per una meritata vacanza, ma il pensiero di quello che potrebbe accadere, dei guasti che potrebbero verificarsi, non può lasciare tranquillo il vero amante dei fondali marini e di questo minuscolo surrogato che è l'acquario domestico.
I giapponesi devono averci pensato a lungo, e devono essersi dimostrati molto sensibili al problema, perché un'industria chiamata NEC Corporation ha deciso di ovviare in modo drastico a tutti i possibili inconvenienti abbinati al possesso di un acquario. Come c'è riuscita? Semplice: eliminando i pesci e l'acquario stesso, e sostituendoli con un un video ad alta risoluzione (HDTV, high-definition television) in grado di ottenere effetti ultrarealistici, sul quale vengono proiettate immagini di straordinari acquari con i più colorati pesci esotici e un lettore laser disc per garantire la massima affidabilità e durata di proiezione. Il tutto immerso in un autentico contentitore di vetro pieno d'acqua, con un piccolo computer in grado di generare bolle d'aria secondo il gusto del proprietario.
Niente problemi con i pesci, dunque, niente cibo da versare nell'acqua e soprattutto addio ansia durante le vacanze al pensiero che a casa possa saltare la luce.
I video-pesci nel terminale non hanno bisogno né di acqua né di attenzioni, ma soltanto di essere ammirati. Il tutto, naturalmente, a un prezzo che soltanto i giapponesi si possono permettere, qualcosa come trenta milioni di lire.
Pesci tropicali in mano.
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