Mi Buenos Aires querido,cuando yo te vuelva a ver,no habrá más penas ni olvido.(Alfredo Le Pera, 1934)
Capital Federal, estate 2015
La coppia di tangueros completò la figura tra gli applausi, rimanendo infine strettamente avviluppata; lei col minuscolo corpo chinato all’indietro, la gamba sinistra attorno ai fianchi del compagno; lui, a protendere il volto languido e rapace a pochi centimetri dal viso della donna. Passione simulata per uno spettacolo da strada su un Caminito arroventato dall’estate: il sole impietoso di gennaio batteva sul selciato polveroso e sulle lamiere dipinte della Boca, mentre un malinconico Maradona di cartone ammiccava verso il menù a base di asado di un ristorante. All’ennesima zaffata di carne alla griglia, preparata con rigore da scrupolosi mecanochef, Rico provò il solito groppo di nausea. Era un odore che a Buenos Aires sembrava essere dappertutto, da quando la città era diventata una sorta di Parigi australe. Gruppi organizzati di turisti cileni e brasiliani incrociavano le loro strade e le loro lingue, come se anziché nella Gran Buenos Aires fossero sulla spianata di Abu Simbel. Tutti curiosi di visitare quanto rimaneva del quartiere degli artisti argentini, nessuno in grado di distinguere il sapore di un arrosto che ormai ogni locale preparava esattamente nello stesso modo.
Rico annaspò nell’aria carica dell’umidità che portava il Rio de la Plata. La foschia nascondeva la cima delle torri cristalline della metropoli, e dal fiume saliva una nebbiolina carica di vapore. Avvertì una fitta alla mano destra. D’istinto pensò a massaggiarsi le dita doloranti, ma subito rise tra sé. Il massimo che avrebbe potuto fare sarebbe stato premersi amorevolmente l’altro palmo sull’estremità di un moncherino, troncato all’altezza del gomito dall’affilata lama di un kukri. Mount William, isole Malvine, 14 giugno del 1982. Trentatré anni prima. Strinse i denti al ricordo: gli rimandava uno strazio ancora vivo e abbacinante. Prese coraggio e si afferrò la punta ormai smussata dell’osso. Non gli ci volle un grande sforzo per atteggiare il volto a una smorfia dolente. Sospirò e si fece sotto alla comitiva brasiliana.
— La carità, senhor, per un reduce del Sud Atlantico… La carità, por favor… Obrigado!
Rico sapeva, per esperienza, che in pochi avrebbero dato retta a un mendicante. Ancora meno persone, però, in tutto quel palpare di spalle, schiene e fianchi, avrebbero fatto caso che quella mano, oltre a chiedere, con rapida perizia finiva anche per servirsi, svuotando tasche e borselli. Certo, avrebbe racimolato poco contante, ma le carte di credito avrebbe potuto duplicarle in poco tempo, garantendosi una finestra di dodici ore per svuotare i conti di quei ricconi. E per spendere tutto. In fondo un modo comodo per sopravvivere, anche per un ex eroe delle Malvine, uno dei seimila volontari italiani che avevano ingrossato più di trent'anni addietro le fila dell’esercito argentino.
— Ehi, tu, storpio. Cosa stai facendo?
Il poliziotto si era materializzato come dal nulla, in piedi vicino alla caricatura di Maradona. Si picchiò il palmo della mano con un lungo sfollagente nero, sicuramente di quelli con taser incorporato. Quegli aggeggi potevano farti davvero male. Bastava che ti toccassero con quei contatti elettrici, e... Lo sbirro si avvicinò infine a Rico, affondando le dita nel moncherino, proprio lì dove i nervi erano stati recisi. La mano fantasma reagì come fosse stata tagliata una seconda volta. Una fitta di dolore esplose dritta nel cervello.
— Cosa fai, adesso, parassita, perché ti sei fermato? — chiese il gendarme con un sorriso crudele. Grosse gocce di sudore freddo cominciarono a correre giù per il viso di Rico. — Circolate, signore e signori — esortò quindi il poliziotto rivolgendosi alla folla che si era radunata. — Stiamo vigilando affinché i cittadini del Cono Sur possano godere della Gran Buenos Aires. Fate attenzione quando vi addentrate nei vicoli! Mantenetevi nell’olocorsia di colore verde. Ecco, così. Intanto — continuò rivolto a Rico — questo figlio di puttana viene in caserma con me.
Sempre tenendo Rico saldamente bloccato per il moncherino, il gendarme si avviò deciso verso le strade più squallide che costeggiavano il porto. Niente segnali 3d per i turisti, qui, nessuna corsia preferenziale per pedoni, solo l’abbandono caratteristico dei bassifondi a due passi dai quartieri eleganti. L’odore di colonia scadente che emanavano i capelli impomatati dello sbirro provocò a Rico un nuovo conato, che riuscì a stento a ricacciare indietro.
Il sapore amaro di bile gli aveva invaso la bocca proprio mentre varcava la squallida soglia di un degradato palazzone. La facciata liberty, un tempo bianca, era ormai del tutto sfigurata dallo smog e dalla sporcizia: appena poco lontano dai fasti della Boca, della Recolleta o del modernissimo Puerto Madero, Buenos Aires era sempre la stessa trasandata puttana di sempre. Due luride rampe di scale, una rapida camminata attraverso un open space che rigurgitava di poliziotti con auricolare e telecamera-partner appollaiata sulla spalla, i più seduti a consolle virtuali che manovravano con movimenti appena accennati delle mani.
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