Dopo i tre romanzi di Edmond Hamilton pubblicati sul numero 43, la collana Millemondi propone un altro numero monografico, quasi un ritorno alle origini, stavolta dedicato a Jack Vance.
Il volume contiene tre romanzi, di cui uno sinora inedito in Italia, e lungamente atteso dai fans dello scrittore, dato che costituisce la seconda parte di un'opera unica.
Fuga nei mondi perduti (Ports of call, 1998 - traduzione di Maura Arduini)
Lurulu (Lurulu, 2004 - traduzione di Ferruccio Alessandri)
Come spiega l'autore nella prefazione a Lurulu la stesura di Fuga nei mondi perduti aveva già superato la lunghezza di un romanzo, e ancora molto c'era da scrivere, pertanto la divisione in due parti della storia si imponeva, purtroppo l'età avanzata e le condizioni fisiche di Vance, ormai quasi cieco, causarono un forte ritardo all'uscita del secondo romanzo.
La trama è poco più che un artificio per narrare le visite sui differenti pianeti della Dominazione Gaenica, eterogenea unione di mondi diversissimi tra loro, il protagonista Myron Tany, giovane abitante dell'avanzato pianeta Vermazen, si imbarca con la ricca prozia Hester Lajoie alla volta di Naharius, mondo dove esisterebbe la possibilità di ringiovanire.
Purtroppo l'eccentrica e ingenua Madame Hester ben presto si annoia del viaggio spaziale, pretendendo di scendere su un pianeta dove imbarca quello che evidentemente è un furfante approfittatore, e di colpo Myron passa da capitano della Glodwin a vagabondo, abbandonato su un remoto pianeta.
Invece di tornare mestamente a casa il giovane decide di imbarcarsi sulla nave mercantile Glicca, e parte alla volta di altri mondi e di nuove avventure.
I vandali dello spazio (Vandals of the void, 1953 - traduzione di Sugden Moca)
Una delle prime opere scritte da Vance, un classico romanzo di avventura spaziale, ambientato in un sistema solare dove i pianeti sono abitabili e collegati da linee commerciali.
Dick Murdock è il giovane protagonista di questa storia, che inizia quando un misterioso pirata spaziale, il Basilisco, inizia a depredare le navi di linea che collegano i pianeti interni.
La Polizia Spaziale non ha che un paio di piccole astronavi da opporre al Basilisco, che sembra essere inafferrabile e dotato di una singolare abilità nel prevedere le rotte delle navi spaziali.
Qualcuno inizia a sussurrare che il pirata è un estraterrestre, rappresentante di una razza antichissima, nascosta nelle profondità del suolo lunare, Dick non presta molto credito a questa tesi, ma le cose iniziano a prendere una piega inaspettata, e totalmente sinistra, e le ombre lunari di colpo diventano terribilmente inquietanti.
Come giudicare un volume che raccoglie opere separate da un periodo di circa mezzo secolo?
I vandali dello spazio è un juvenilia, un romanzo scritto per adolescenti, quindi non molto impegnativo, e risente di alcuni difetti tipici delle opere prime, mentre le storie di Myron Tany sono le ultime scritte da Vance, al culmine di una carriera straordinaria e di un processo di maturazione letteraria decisamente notevole.
Alcune delle tematiche tipiche di Vance si ritrovano tuttavia anche ne I vandali dello spazio, il giovane protagonista è il prototipo di altri memorabili, futuri personaggi, basti citare Adam Reith di Tschai, Keit Gersen dei Principi Demoni, l'astuto Kugel della Terra Morente sino ad arrivare, appunto, a Myron Tany.
Altra caratteristica peculiare di Vance è una certa indifferenza verso la sorte dei personaggi, anche simpatici, che vengono sacrificati senza batter ciglio, diverso invece l'atteggiamento degli eroi delle due storie, Dick è un ragazzo impregnato di nobili ideali, Myron (e peraltro anche i suoi compagni) mostrano un lato cinico che mal si accorda con le caratteristiche di un vero e proprio eroe.
Credo che gli appassionati di Vance leggeranno tutto questo Millemondi di volata, godendo sia del raffinato viaggio di Myron Tany che dell'avventura spaziale di Dick Murdock, mentre chi non sopporta l'autore californiano non digerirà né l'uno né l'altro.
Per chi si avvicina per la prima volta alle opere di Jack Vance probabilmente non si tratta della scelta migliore, nel ricco carnet dello scrittore ci sono romanzi di ben altro spessore, ma tutto sommato potrebbe essere comunque un buon acquisto, le opere minori dello scrittore californiano sono spesso di livello superiore a quelle maggiori di parecchi colleghi.
Una curiosità, e nelo stesso tempo un legame con il passato letterario di Vance, è legata al nome del secondo romanzo di Myron Tny, Lurulu è il nome di un troll nel romanzo fantastico La figlia del re degli elfi (Queen of Elfland's Daughter, 1924) di Lord Dunsany, e appare per la prima volta nelle opere di Vance nel 1963 (!), citato come pianeta leggendario in Star king, il primo racconto della serie Gaeana.
John Holbrook Vance è nato nel 1916 a San Francisco e ha avuto una vita movimentata, dopo essersi laureato in lettere inizia infatti a viaggiare per mare.
Dopo innumerevoli peregrinazioni e qualche brutta avventura in guerra, ritorna in patria e nel 1945 pubblica il suo primo racconto, dal profetico titolo The world thinker.
In questo periodo gli scarsi introiti ricavati dall'attività di scrittore non gli permettono di vivere, per cui Vance si adatta a fare diversi lavori, sino a che non riesce a sostentarsi esclusivamente con la vendita delle sue opere.
Vance non ha limitato la sua attività al campo della fantascienza, è stato anche apprezzato scrittore di gialli, arrivando a vincere il premio Edgar Allan Poe, unico scrittore ad abbinare questo riconoscimento al corrispettivo premio Hugo, e di fantasy, con i cicli della Terra morente e di Lyonesse.
Durante una lunga e prestigiosa carriera ha vinto due Premi Hugo (I signori dei draghi (The dragon masters, 1962) e L'ultimo castello (The last castle, 1966), un premio Nebula (L'ultimo castello) e un World Fantasy Award (Madouc) ed è stato insignito del prestigioso premio Grand Master alla carriera nel 1997.
Tra le sue opere migliori possiamo ricordare il ciclo del Pianeta Tschai, quello dei Principi Demoni, le storie ambientate sul Grande Pianeta e i romanzi I linguaggi di Pao (The languages of Pao, 1958) e Pianeta d'acqua (The blue world, 1965), oltre a diversi ottimi racconti.
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