The Invasion, come tutti i recenti remake di classici di fantascienza (apre la fila War of the Worlds di Spielberg), punta su un doppio mix di azione e riflessione. Da un lato cerca così di svecchiare le ovattate, quasi sonnolente atmosfere dell’originale dove il massimo dell’azione sta in una fuga disperata dei due protagonisti tra le aride valli californiane; dall’altro, cerca di introdurre forzatamente una metafora che si riallacci all’attualità e doni spessore alla trama. Si cerca insomma di accontentare tutti i gusti: quello del pubblico degli action-movie che apprezzerà il ritmo incalzante e le scene adrenaliniche, e quello del pubblico più sofisticato che vuole uscire dai cinema con qualcosa su cui riflettere. Del resto l’intento di Siegel nel ’56 non era poi tanto dissimile: ci fu chi vi lesse in controluce l’avvertimento per la

The Invasion non vuole tentare operazioni troppo discostanti dall’originale, come quella attuata dal terzo remake di Ferrara: molti dialoghi sono simili, diverse trovate non sono cambiate, c’è però una curiosa inversione di ruoli per cui ora protagonista indiscussa è la dottoressa Carol Bennell (Kidman), mentre la figura maschile – il dottor Driscoll (Craig) – è il

Prevedibilmente, la critica americana lo ha stroncato alla sua prima lo scorso 17 agosto, ma soprattutto gli incassi sono stati davvero magri. Non tanto per gli attori quanto per la storia e soprattutto per l’affrettato finale che non ha convinto nessuno, né pubblico né addetti ai lavori. Alcuni lo hanno definito, tra le quattro versione cinematografiche della storia di Finney, la peggiore in assoluto. In generale ha dato l’impressione di un film che non è né fantascienza, né thriller, né horror, né psicologico, ma vorrebbe essere tutte queste cose insieme. Forse a Hollywood si dovrebbe ricominciare a pensare che, per fare un bel film, basta una buona storia originale, un cast solido non necessariamente preso dallo star-system del momento e un regista con le idee chiare. Senza voler a tutti i costi sfondare, ma con l’intenzione di tornare a fare il proverbiale “buon, vecchio film di fantascienza” che tanto ci manca.
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