Iniettare dosi di farmaco nell'organismo umano, o animale, attraverso l'uso di un innovativo e indolore metodo pneumatico sembra essere, oggi, un traguardo a portata di mano. Hewlett-Packard sta sperimentando, tramite la Crospon (un'azienda d’apparecchiature mediche) un microchip che va semplicemente appoggiato sulla pelle e che è dotato di 150 microaghi, che penetrano solo superficialmente dando modo di non far percepire dolore o paura al paziente fobico delle siringhe e permettendo, quindi, di rendere più rapida questa ormai banale operazione di profilassi. Con l’uso di tale metodo innovativo, chi subirà l'iniezione sentirà sull'epidermide soltanto un lieve sfiorare, soltanto una sorta di leccata di gatto, come dice l'esperto di dermatologia Brian Berry dell'Università di Bradford.
Perché usare un microchip al posto dello stantuffo, si chiederanno in molti: perché è un dispositivo in grado di dosare esattamente i tempi di somministrazione e la quantità di farmaco in base a parametri da stabilire di volta in volta, è la risposta. L'innovazione sta proprio qui: nella possibilità, cioè, di sostituire all'uomo la tecnologia, o un algoritmo, o un processo di eventi razionalizzabile e reso più logico dall'affinamento della tecnica e dall'intelligenza.
A parte le considerazioni spicciole sulla notizia e che ancora lasciano nell'incertezza operativa questa nuova metodologia medica – si va dagli attuali alti costi per sviluppare popolarmente una tale metodologia, per finire ai possibili rischi d’infezioni batteriche – l’annuncio dato da Hewlett-Packard appare stimolante per tutto lo scenario che lascia intravedere: cosa sarà possibile fare, dopo la commercializzazione in massa del dispositivo? Cosa si potrà iniettare, a quel punto?
Credo sia già abbastanza facile pensare a una maggiore interazione tra gli ormai attuali RFID (http://it.wikipedia.org/wiki/Radio_Frequency_IDentification) - ovvero una tecnologia che permette l’identificazione automatica di oggetti, animali o persone tramite un sistema che si basa sulla lettura a distanza d’informazioni contenute in un microchip dotato d’antenna e batteria - e le sempre nascenti nanotecnologie; come? Attualmente si sta procedendo verso la realizzazione di computer nanometrici, ovvero singole particelle dotate della capacità elaborativa di un attuale PC; in futuro potremo iniettarci, allora, capacità elaborative supplementari utilizzando lo stesso metodo usato dal dottor McCoy a bordo dell'Enterprise (una siringa che non penetra nell'organismo umano e che è capace di diffondere, dallo strato superficiale dell'epidermide verso l’interno, il farmaco). Noi, invece, attraverso la regolazione stabilita da un microchip, potremo probabilmente iniettarci una serie di computer in rete tracciabili direttamente nel nostro organismo, divenendo degli eccezionali postumani capaci di elaborare una messe d’informazioni assai più elevate dello standard umano, un po’ com’è possibile già da decenni strutturare una sterminata rete di transistor all’interno di un singolo chip di silicio.
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