Con Stranglehold, John Woo prova a riprendersi ciò che in fondo gli appartiene. Molti sviluppatori non fanno mistero di essersi ispirati proprio al cinema di Hong Kong per tessere la forma dei loro titoli di azione. In effetti, il nome Woo spunta fuori ogni qualvolta si impugnino due pistole. Stranglehold è il tentativo di trasporre in tre dimensioni lo spirito delle sue pellicole più famose, con l’aiuto dello stesso regista che nel frattempo ha fondato una software house, Tiger Hill, impegnata nel progetto a fianco di Midway. A rendere ancora più espliciti gli obiettivi, il fatto che si tratti di un seguito, e non uno qualunque, ma del film di culto Hard Boiled (Lat sau san taam, 1992). Il protagonista oggi come allora è l’ispettore Tequila, interpretato dall’attore feticcio di Woo, Chow Yun-Fat, che ha prestato la sua immagine al gioco e le sue acrobazie al giocatore.

Stranglehold si affronta precisamente come se si dovesse recitare dal vivo un film di John Woo stiracchiato per sette, otto ore, saltando da tutte le parti ed esibendosi in sparatorie funambolesche. Date le figure base, dalla galoppata sul corrimano alla scivolata sui tavoli, sta al giocatore creare le coreografie. Non bisogna semplicemente eliminare i cattivi, ma anche farlo nella maniera più spettacolare possibile, improvvisare. É tutta questione di interpretazione. Più che un videogame, in certi momenti Stranglehold assomiglia a un simulatore di set cinematografici dove andare a caccia del ciak migliore. I livelli, e il loro elevatissimo tasso di interattività, sono la cifra distintiva del gioco. Rispondono esattamente come ci ha insegnato il grande schermo. Seguono le regole di Face/Off, mentre tutto va in pezzi in una nuvola di fumo.

Lo schema ludico si riallaccia invece a canoni retrò. Ondate di carne da macello fanno strada fino al boss della zona. E così via, una sezione dopo l’altra, un ralenti dopo l’altro, un filmato dopo l’altro, un volo di colombe dopo l’altro di un classico thriller d’onore che non esce dai binari che si è costruito già nei primi minuti.

Il ripetersi delle situazioni è un po’ il tallone d’Achille di Stranglehold, che sulla lunga distanza manca di quel coraggio che gli avrebbe permesso di allontanarsi dalle convenzioni e liberarsi dal peso dei numerosi imitatori che lo hanno preceduto e che il gruppo di Woo, paradossalmente, ha cercato a sua volta, in qualche modo, di copiare. É un problema vecchio come il rapporto tra il mondo del cinema e il digital entertainment, apparentemente così vicini, eppure così lontani e difficili da far incontrare. Il debutto ufficiale su console di John Woo rappresenta comunque un genuino scossone di adrenalina per gli amanti di arti marziali e proiettili, più vivo nei singoli istanti che nella sua interezza. Un giocattolone pirotecnico, sulla falsariga di una confezione regalo di pillole di divertimento Woo made in Usa.