Fra i tanti aspetti che caratterizzano un videogioco, l’ambientazione è uno dei più difficili da creare, ma a Irrational Games riesce benissimo. Lo hanno dimostrato più volte in passato e lo confermano in Bioshock, il loro nuovo capolavoro per Xbox 360. Erede spirituale dei due System Shock, non manca di stupire continuamente il giocatore, chiamato a tuffarsi nelle profondità oceaniche, alla scoperta di un’utopica città sommersa, trasformata nel ricettacolo di ogni male.
Rapture, oasi del progresso costruita in mezzo all’Atlantico per esaudire i sogni dell’uomo del secondo dopoguerra, in fuga da quei poteri che ne avrebbero potuto arginare la libertà. Alla fine è implosa su se stessa. Monito all’ambizione avulsa da moralità, il suo relitto giace nell’abisso. Vi riecheggiano i lamenti di fantasmi di ciò che un tempo furono persone, ora sono mostruosità mutanti, figlie deformi di una corsa alla sperimentazione genetica disperata. Un Overlook Hotel sepolto ventimila leghe sotto i mari. Shining è una chiara fonte di ispirazione.
In Bioshock si viaggia tra i ricordi imprigionati nei luoghi che furono testimoni di una vita che non c’è più. Di una felicità cancellata per sempre, come i festeggiamenti per dire addio al 1959. Corridoi, scaloni, insegne, locali in perfetto Art Déco accolgono poco dopo il giocatore, appena scampato a un disastro aereo, e che in Rapture trova il suo incubo peggiore, l’unica speranza di salvezza. Non esistono ciceroni all’angolo delle strade, ma solo il canto delle sirene di un mondo in rovina dalla bellezza decadente. Bioshock chiede di abbandonarsi ed esplorare ogni meandro della città ideale; cannibalizzarne le memorie prima che vadano perdute. In questo è indimenticabile, così denso di atmosfera.
Horror di classe e anima colta. Capace di citare, senza ripetere, un fiume carico di riferimenti multimediali. Vero e proprio elogio alla parola che si compie perpetuamente, ascoltando il messaggio custodito da Rapture e, ancora di più, confrontando una, mille, centomila avventure. Online, sui forum, con gli amici, si apprende che ciascuno ha risolto in maniera diversa la stessa situazione. Scavalcato l’ostacolo con la propria prospettiva. Si parla di come si sono combinate in una formula originale le molteplici possibilità offerte da uno sparatutto in soggettiva sui generis, dove il piombo è semplicemente una delle tante opzioni e neppure la più remunerativa, rispetto ai superpoteri donati dai modificatori genetici, ai sistemi di sicurezza elettronici riprogrammati ad hoc, ai nemici scagliati l’uno contro l’altro, all’interpretazione utilitaristica delle leggi della fisica. Uno sparatutto di nuova generazione, un po’ come il web 2.0, per discorrere di e intorno a Bioshock. Atipica, ma riuscitissima forma di multiplayer.
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