Bilancio finale dal cono di luce
Attraverso la storia immaginaria del XXI secolo vissuta nelle imprese e disavventure di tre generazioni e mezza di una problematica famiglia dei nuovi tempi in progressiva accelerazione – dicevamo – Stross riepiloga tutta la storia della fantascienza del Novecento. La sua è una fantascienza che non ha paura di muoversi lungo i margini: vale la pena di citare William S. Burroughs, che torna a più riprese con le frequenti allusioni alle “morbide macchine” dei corpi, e il manga Ghost in the Shell di Masamune Shirow, uno dei vertici della letteratura cyberpunk. Anche senza sperimentare soluzioni stilistiche troppo ardite, Stross si avvicina comunque al maestro giapponese nel rendere quell’atmosfera sinestetica pervasa da una frenesia adrenalinica che regna nei rispettivi paesaggi radicalmente informatizzati. La virtualizzazione dell’ambiente in cui si muovono i personaggi rende merito alle ossessioni di Philip K. Dick, condotte fino alle estreme conseguenze nell’episodio del Router, dove sono alieni imperscrutabili e per nulla affidabili a imporre la loro – parziale – visione del mondo agli ospiti (post-)umani.

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