Per inaugurare la nuova collana di fantascienza di Armenia, che ci tiene a palesare fin dall’eco storica del nome un atteggiamento ambivalente di legame con la tradizione e di attenzione per le nuove frontiere, il curatore Salvatore Proietti ha scelto senz’altro il titolo migliore in circolazione. Nuova Galassia si presenta curatissima tanto sotto il profilo grafico (stupenda l’illustrazione di copertina realizzata da Natalia Marin) quanto nell’adattamento di un romanzo tutt’altro che facile, reso magistralmente nelle sue sottigliezze dall’esperienza dei due traduttori, lo stesso Proietti e Flora Staglianò.
Che sia di buon auspicio tanto per la nuova collana quanto per la nuova fantascienza?
Il futuro della fantascienza: la fantascienza del futuro
La sintesi non rende certo giustizia all’opera di Charles Stross, una perla di acume speculativo e provocatoria ironia che illumina la scena della fantascienza contemporanea. Nelle sue 400 pagine il lettore troverà compressa una densità strabiliante di trovate, estrapolazioni, invenzioni e richiami, una mole immaginifica in grado di disorientarlo e lasciarlo senza fiato e privo di punti di riferimento. Come ricorda Salvatore Proietti nella sua puntuale postfazione al volume, Stross condensa in Accelerando un corso accelerato di storia della fantascienza, e tra i beneficiari del suo sincero omaggio da appassionato non manca davvero nessuno tra i grandi che hanno segnato il passato e tra le giovani promesse che stanno oggi scrivendo il presente del genere: i maestri Isaac Asimov e Alfred E. van Vogt, il filone sociologico di Robert Sheckley, Fredrick Pohl e Cyril M. Kornbluth, l’hard sci-fi di Arthur C. Clarke, Poul Anderson, Larry Niven e Jerry Pournelle, la space-opera rutilante e colta di Samuel R. Delany e Charles L. Harness, la new wave di Harlan Ellison (richiamato esplicitamente in alcune immagini, come il simulacro privo di bocca e per questo incapace di urlare) e James G. Ballard, l’ala minoritaria della fantascienza britannica che invece di seguire il filone distopico o avanguardistico ereditò le proprie premesse artistiche proprio dalla fantascienza americana dei pulp: la prospettiva cosmica di Olaf Stapledon, le scorribande spaziali di M. John Harrison e Ian Watson, la nostalgia del futuro di Bob Shaw, la grandiosità epica di Iain M. Banks. Per arrivare infine ai cyberpunk: William Gibson e Bruce Sterling su tutti, ma anche John Shirley, Lewis Shiner, Rudy Rucker e Tom Maddox; e al postcyberpunk di Vernor Vinge e Greg Egan, i cui strascichi si saldano consapevolmente all’avanguardia postumanista di cui Stross rappresenta insieme a Richard K. Morgan e Ken MacLeod la voce più autorevole e, malgrado i suoi legittimi tentativi di distinzione, consapevole. Senza dimenticare l’amico Cory Doctorow, anche lui omaggiato a più riprese all’interno del romanzo (suo il primo adattamento letterario del principio economico di un regime agalmico, di abbondanza delle risorse ed equa allocazione). Accelerando è un distillato della fantascienza del Novecento, ma non si tratta di una semplice rielaborazione. È come se Stross avesse accumulato un secolo di dati raccolti nella sua più che trentennale passione, li avesse messi insieme e dati in pasto a un emulatore virtuale per simulare la possibile evoluzione futura del genere. Letterariamente e tecnicamente parlando, Accelerando non è un libro di facile lettura. I giochi di parole, l’ambiguità e il profluvio di tecnicismi potrebbero anzi renderlo ostico al lettore abituato a un tenore più commerciale e meno impegnato. Ma come per Neuromante o Universo Incostante, anche in questo caso la fatica risulta alla fine ripagata dal piacere intellettuale, dalla certezza di aver assaggiato per il tempo della simulazione endocraniale delle difficili pagine di Stross un Mondo Nuovo che odora davvero di futuro.A rendere l’esperienza unica, particolare, inconfondibile con i modelli summenzionati, è il suo tono che oscilla con saggezza tra l’epica decadente da spazio profondo al grottesco, miscelando abilmente i moduli narrativi con dosi generose di humour (e qui il debito fondamentale è sicuramente verso Douglas Adams). Così può capitare di imbattersi in scenari presi di peso da vecchi film, ammiccamenti al Kubrick di 2001: Odissea nello Spazio e passi in cui l’autore ricorre addirittura a Star Trek – ormai consolidato nell’immaginario collettivo – per rendere più immediati i concetti espressi, non di rado sofisticati. Questa

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