Il serial lascia pertanto nella stessa incertezza personaggi e spettatori, coinvolgendo entrambi in un gioco in cui thriller e fantascienza si amalgamano ai grandi eroismi e alle piccole miserie umane. Tutto ciò in una struttura narrativa più tradizionale, tipica del serial made in USA di lungo termine e abbastanza diversa da un altro telefilm fantascientifico tuttora in programmazione sui network americani. Ci riferiamo a Heroes, storia di un gruppo di persone che scoprono di avere poteri sovrannaturali e di far parte di un disegno superiore. Rispetto a Jericho, Heroes ha ambizioni stilistiche decisamente superiori, non sempre rispettate come spesso succede in prodotti seriali, e ha probabilmente un maggior numero di confronti da superare con i telefilm da cui trae spunto, primo fra tutti ancora Lost e poi 4400, quest’ultimo forse l’unica vera novità in termini narrativi che la produzione televisiva nordamericana sia riuscita a lanciare ultimamente: migliaia di uomini e donne rapiti nel corso dei decenni che improvvisamente riappaiono dotati di poteri straordinari. Ciò che a prima vista sembra il frutto di un disegno di potenze extraterrestri si rivela invece un progetto portato avanti da un gruppo di scienziati umani del futuro i quali, allo scopo di salvare l’umanità dalla distruzione, hanno programmato uno straordinario piano di rewriting della storia del mondo attraverso l’influenza di determinati eventi chiave di cui sono protagonisti i “ritornati”. In tutti questi serial e in altri ancora, come lo stesso Galactica e l’abbastanza deludente Invasion (raffazzonata variazione sul classico tema dell’invasione aliena) l’unico elemento davvero in comune si trova nella sensazione di catastrofe imminente che imbeve ogni singola sequenza e quasi ogni dialogo.
Al di là di tecnicismi ed espedienti narrativi da thriller o da commedia romantica, ritenuti necessari alla fruizione di un pubblico non necessariamente appassionato al genere, resta il senso della disfatta che appare forse sbrigativo continuare a spiegare con il fantasma dell’11 settembre. Il simbolo rappresentato dal crollo delle due torri ha senz’altro lasciato un segno indelebile nella psicologia americana, ciononostante pare di poter affermare che il senso di smarrimento, l’improvvisa mancanza di una serie di valori ritenuti fondanti, possano avere radici più profonde, magari connesse al modello stesso di sviluppo e consolidamento della società americana. In questo senso l’attacco alle torri ha portato in primo piano non tanto le falle del sistema di sicurezza, quanto le falle del sistema in senso lato, una costruzione che sembra aver raggiunto i propri limiti strutturali e le cui prime crepe nell’intonaco rivelano la fragilità intrinseca della struttura portante. Tutto questo si può percepire non solo nei serial sopra citati ma anche in quelli che non rappresentano direttamente la catastrofe, come ad esempio in Taken, forse il primo esempio di affresco di storia “fantascientifica” dell’umanità partorito dalla mente sempre lucida di Steven Spielberg. Con tutti i suoi limiti narrativi, Taken ha però trovato un equilibrio tra paura e speranza, aspettative e delusioni. Jericho ha infranto quest’equilibrio, lasciando la paura e relegando la speranza in un punto lontano, oltre l’orizzonte e oltre il fungo atomico che si staglia contro il cielo grigio genere.
L’emittente americana CBS, che ha prodotto e trasmesso il serial di Steinberg e Schaer, ha puntato proprio su questo aspetto: fare spettacolo mostrando il futuro nella peggiore delle sue ipotesi. I risultati di share e di gradimento hanno confermato la bontà della scelta, eppure dopo i 22 episodi della prima stagione il cui livello è stato complessivamente più che dignitoso, con una mossa improvvisa la stessa CBS ha annunciato la sospensione del serial. Quasi subito ha fatto seguito una ritrattazione, sollecitata dalla levata di scudi dei già numerosissimi fans i quali si sono fatti sentire con la protesta delle “noccioline” (ovvero inondando la sede del network con migliaia di pacchetti di noccioline, riferimento al ventiduesimo episodio della serie); forma di protesta insolita nel contenuto ma non nell’ideazione e che si inserisce in una solida tradizione di partecipazione attiva del fandom americano. Secondo alcuni si tratterebbe solo di un’astuta operazione di marketing mirata ad aumentare le aspettative in attesa della seconda stagione. Secondo altri i timori della CBS si sono materializzati nello sviluppo della trama prospettato dagli autori, che prevedrebbe la possibilità di un complotto governativo, ovvero di guerra civile, alla base dell’evento nucleare; possibilità questa che può aver fatto storcere il naso a più di un dirigente del network, tra i più conservatori del panorama televisivo statunitense.
Ma forse il vero motivo è un altro. Forse ciò che spaventa davvero è l’assenza, almeno momentanea, dell’unico elemento che può rendere sopportabile una situazione come quella descritta: la speranza di miglioramento. È innegabile che, superato l’entusiasmo per la fine della guerra fredda, il mondo si sia ritrovato con gran parte di quelle speranza parzialmente disilluse. Jericho rappresenta esattamente questo: il futuro migliore che avevamo immaginato non c’è e forse non ci sarà, la realtà è dominata dall’incertezza e dal disorientamento. L’unica sicurezza tangibile, chiara e priva di dubbi, è il maestoso fungo atomico, emblema di un passato che si ostina a inseguirci e di cui dobbiamo liberarci, se vogliamo pensare al futuro.
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