Tin tin tin
I campanellini suonavano al vento...
Brando sollevò le palpebre e si tirò su ritto a sedere. Si guardò intorno, spaventato. Era seduto sull’asfalto, in prossimità di una radura. Tutto ciò che udiva era il rumore del Niagara, perduto nella notte, così forte da sovrastare perfino i suoi pensieri.
Sei tu?
Si afferrò la testa con le mani e iniziò a gridare. Schegge di dolore lo attraversarono rapide come il battito d’ali di una farfalla, senza che potesse fare nulla per fermarle. Il suo corpo, l’endoscheletro metallico sotto il rivestimento di pelle in plastylon, sembrava non voler più rispondere ai suoi comandi. Rimase in quella posizione per un tempo indefinito, finché il dolore non allentò la presa e scomparve.
Improvvisamente, un rumore lo fece trasalire. Brando si alzò in piedi di scatto, terrorizzato. Ogni volta che si sforzava di focalizzare i propri ricordi, per cercare quantomeno di capire in quale direzione dovesse andare, lui tornava all’attacco.
- Signore - disse l’olo-avvocato, comparso dal nulla alle sue spalle - Non può scappare.
Brando si lasciò cadere in ginocchio al suolo, incapace di fuggire ancora. - Tu non esisti - rispose, e la propria voce gli parve più lagnosa di quanto avrebbe voluto - Non sei neppure qui. Sparisci, per favore. - Subito dopo aver pronunciato quelle parole, ridacchiò divertito. L’olo-avvocato era un semplice software, e non avrebbe certo compreso la sua supplica. Finché il suo cervello era connesso alla Rete non c’era modo di liberarsi di quel dannato bastardo.
- Non può fuggire in eterno, signore. Il mio Cliente sta per identificare la sua posizione. Oltre a quanto già riportato nel rapporto su di lei, devo aggiungere che oltrepassando l’ex-confine ha violato la legge 451/2048, articolo 4, commi 6, 7 e 12. Tale infrazione è punibile con sei mesi di reclusione o il pagamento di una multa...
- Stà zitto, porca puttana, non me ne frega un cazzo! - gridò Brando all’improvviso. Si alzò di nuovo in piedi, furibondo, e mostrò il pugno all’olo-avvocato. - Così è facile, non è vero? Non posso neanche farti a pezzi e buttarti nel Niagara!
L’olo-avvocato, dietro gli spessi occhiali da vista, lo fissava immobile senza dire nulla.
Dovevano averglielo messo alle calcagna quelli della compagnia di assicurazioni. Brando non ne era sicuro, ma forse c’era stato qualche intoppo con il risarcimento che aveva ottenuto dopo che il suo nuovo corpo si era rivelato difettoso; a parte questo, non ricordava nulla in merito alla questione. Sapeva solo che un sofware si divertiva a fare surf in Rete e a infiltrarsi costantemente nel suo cervello, per poi apparirgli in modo simile a un’allucinazione. Non era in grado di cancellare i cookies depositati dall’olo-avvocato nella sua mente; lui era lì, inestinguibile. Aveva provato a prenderlo a pugni, a strangolarlo, a riempirlo di coltellate. Perfino a ignorarlo. Ma l’olo-avvocato sarebbe scomparso solo dopo che quelli della compagnia di assicurazioni lo avessero trovato.
Brando iniziò a camminare lentamente nella notte, stanco come non pensava fosse possibile per un androide. Aveva parlato con Nina al telefono poche ore prima, le aveva dato appuntamento per l’indomani alle cascate. Sua sorella era l’unico volto che ancora riusciva a ricordare nitidamente; era anche l’unica persona che potesse aiutarlo a emigrare su Marte, avendo le mani in pasta con quelli dei cargo clandestini. Nonostante si trattasse di carrette spaziali che una volta su cinque esplodevano appena fuori l’atmosfera, l’unico modo per liberarsi delle persone che lo cercavano e di quel dannato avvocato era lasciare la Terra e infiltrarsi in una delle colonie. Sapeva anche di dover rivedere Nina un’altra volta, prima di sparire; tutto il resto era solo una nube di memorie confuse a frammentate, l’eco di Brando e di ciò che ne era stato.
- La informo che non le è concesso lasciare il pianeta - ripeté per l’ennesima volta l’olo-avvocato alle sue spalle.
Brando non rispose e continuò ad allontanarsi. Il rumore delle cascate era sempre più forte.
* * *
Nina si poggiò di spalle alla ringhiera, infastidita dalla nube umida in sospensione sul fiume; si chinò in avanti, restando aggrappata con le mani al parapetto, e prese a dondolarsi come faceva sempre da bambina. Il rumore delle cascate, simile al rombo di un tuono, restava sullo sfondo.
Non c’erano molte persone. Nonostante il lunedì ci fosse lo sconto sui mezzi di trasporto, i pellegrinaggi al Niagara andavano via via scemando; il motivo era ancora un mistero. Forse la gente era stata intimorita dai sempre più numerosi casi di androidi difettosi, o forse l’usanza di gettare le ceneri del vecchio corpo umano nel Niagara era semplicemente passata di moda. Si diceva che a inaugurare quella tradizione fosse stato Spring Seel, che aveva omaggiato trent’anni di onorata carriera musicale acquistando un corpo androide. Secondo il suo nutrito gruppo di fan, il cantante si era poi recato alle celebri cascate e aveva rovesciato le sue umane spoglie, cremate a dovere, oltre la nube di gocce d’acqua. Nina non riusciva a rammentarlo molto bene. A quei tempi lei non aveva indossato ancora le sue prime scarpe col tacco e a comprare un corpo androide non ci pensava neppure; fatta eccezione per le star di Hollywood, erano ben pochi gli esseri umani che potevano permettersi un simile lusso. Poi gli anni erano trascorsi e i prezzi si erano fatti più abbordabili. Per legge, il sesso e i lineamenti del viso dovevano restare identici agli originali, ma questa clausola non aveva scoraggiato nessuno. E la gente che andava in pellegrinaggio sul Niagara era aumentata in modo spaventoso. Si diceva che spargere lì le proprie ceneri fosse di buon auspicio per una nuova vita, e magari portasse fortuna per essere ammessi in una delle colonie di Marte. Nina aveva la sua idea in merito, e quello che era accaduto a Brando non aveva fatto che rafforzarla. Per lei, ciò che gli androidi chiedevano al Niagara era solo di lavare via le loro colpe.
Inizialmente li aveva quasi invidiati. Quella degli androidi era una comunità solida e molto più invitante rispetto a quella dei comuni mortali: ogni soggetto era connesso alla Rete e possedeva facoltà di condivisione che per gli esseri umani erano ancora imperscrutabili. Un androide poteva dare a un suo simile accesso ai propri ricordi, ai propri misteri più intimi. Chi di loro lo voleva, poteva fare un passo avanti verso quello che somigliava tanto al non essere più soli.
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