Nel corso della prima dimostrazione pubblica organizzata lo scorso 13 febbraio al Computer History Museum (Sylicon Valley), in una sala gremita da curiosi e addetti ai lavori, il processore quantistico messo a punto dalla canadese D-Wave Systems (http://www.fantascienza.com/magazine/notizie/9017/) ha superato tre prove escogitate per testarlo con problemi di ottimizzazione, elaborazione e riconoscimento. Orion, questo il nome del dispositivo, ha quindi dimostrato di potersi confrontare con successo con applicazioni commerciali, meglio di quanto possa fare un computer tradizionale a parità di requisiti. Gli operatori della D-Wave hanno agito a distanza sul loro dispositivo, che non si è mosso dai laboratori della sede madre a Burnaby (Columbia Britannica), dove un sistema di refrigerazione ad elio liquido provvedeva a tenerne la temperatura stabilmente pochi millesimi di gradi al di sopra dello zero assoluto. Attraverso questo espediente, i ricercatori e ingegneri canadesi sono riusciti a riprodurre stati quantistici da usare come qubit, ottenendo grazie alla bassissima temperatura una sorta di schermo protettivo dalle radiazioni e dalle interferenze ambientali, che possono rivelarsi letali per un sistema ideato per lavorare seguendo le delicatissime leggi della meccanica quantistica.
Realizzato in tecnologia superconduttiva al niobio, Orion ha dimostrato di potersela cavare con compiti tutt'altro che banali. Interrogato in remoto attraverso la postazione approntata al Computer History Museum, ha infatti risolto tre problemi molto diversi tra loro, accomunati però da una certa complessità: ricercare strutture molecolari, creare un complesso progetto di posti a sedere e risolvere un... Sudoku. Geordie Rose, responsabile del progetto della D-Wave Systems (di cui è anche fondatore), ha specificato che il dispositivo nasce come un computer specific-purpose (vale a dire orientato a una classe specifica di compiti, un po' come i processori nelle nostre automobili o, per fare un passo ancora indietro, nei nostri elettrodomestici), da usare quindi come complemento di computer digitali convenzionali, con lo scopo di estenderne le funzionalità e aumentarne le prestazioni piuttosto che sostituirli sul mercato. In effetti Orion è ancora un dispositivo embrionale anche se arriva con almeno un decennio di anticipo rispetto alle stime degli specialisti, che non davano come probabile la messa a punto di un QC (computer quantistico) prima della fine del prossimo decennio. Invece Orion ha sorpreso un po' tutti, sebbene non sia ancora in grado di eguagliare le funzionalità di un tradizionale computer digitale per uso domestico. La road map della D-Wave prevede ora di raggiungere un processore da 32 qubit entro fine anno, per arrivare addirittura alla soglia dei 1024 qubit (il primo kilo-qb) entro la fine del 2008. L'impresa sarebbe resa possibile dalla scalabilità della tecnologia, che dovrebbe permettere ai progettisti di interconnettere d'ora in avanti unità equivalenti al core usato per Orion.
Geordie Rose ha dichiarato di voler sottoporre presto l'esito del test in lettura a una rivista di prestigio, che sappia valorizzare il risultato raggiunto dandone la rilevanza che merita. Per raggiungere il pubblico più vasto possibile, Rose prevede anche di rendere disponibile il prototipo on-line gratuitamente: curiosi ed esperti potrebbero sottoporre in remoto i loro problemi a Orion, che invierebbe poi la risposta dal Canada. E agli scettici impenitenti non resta altro da fare che restare scettici sulla sfiducia. Come dimostrano le dichiarazioni di chi ormai nutre dubbi solo perché una simile invenzione "sarebbe troppo bella per essere vera". Quel che sembra praticamente certo, invece, è che se un giorno Orion tornerà allo storico museo californiano della computazione non sarà come semplice curiosità, semmai come prezioso reperto dell'archeologia informatica dei nostri discendenti.
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