di Vittorio Catani
Il suo primo racconto apparve nel 1962 sull'edizione italiana di "Galaxy". Ha vinto la prima edizione del Premio Urania (1980). Ancora non sa cosa farà da grande, sa solo che per lui non ha piu' senso chiederselo.
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QUANDO LE RADICICon la collaborazione di Renato Pestriniero - Questa introduzione è stata scritta da Vittorio Catani, il quale tuttavia non sarebbe stato in grado di presentare tutto il materiale concernente Carlo della Corte senza la determinante collaborazione di Renato Pestriniero.
Credetemi se vi dico che oggi, 7 marzo 2001, è con un enorme grumo dentro che mi accingo a redigere queste note. Il personaggio che voglio presentarvi è Carlo della Corte, altra "meteora" della fantascienza italiana (primi anni Sessanta), morto settantenne il 25 dicembre scorso, giusto il giorno di Natale. Intanto, ieri abbiamo tutti appreso che anche Luce d'Eramo ci ha lasciato. Aveva 76 anni, e da due settimane era ricoverata al Policlinico di Roma per una peritonite, poi sono sopraggiunte complicazioni cardiocircolatorie. Una scrittrice - una donna - davvero singolare, dotata d'una rara e coinvolgente carica di umanità; una vita vissuta come un romanzo, un'esistenza simbolo delle laceranti contraddizioni (anche ideologiche) del "secolo breve". Di lei ho già avuto modo di scrivere, presentando alcune sue opere nel Delos del mese scorso.
Ed è chiaro che nonostante si tenda a dimenticarlo, o molti - i più giovani soprattutto - magari ancora non lo sappiano, "anche" la fantascienza italiana, ormai, ha sul groppone i suoi anni. Praticamente un mezzo secolo, che ha visto nonostante tutto un fervore di scritture e iniziative con libri, riviste, rivistine, fanzine, convention, rassegne cinematografiche, iniziative d'ogni tipo: migliaia di nomi, la massima parte dei quali svaniti nel nulla. Tanti però hanno lasciato una traccia. Gente che negli anni "pionieristici" aveva i suoi venti, trenta, quarant'anni.
Carlo della Corte Carlo della Corte era nato a Venezia nel 1930, e lì ha vissuto. Giornalista e collaboratore di varie testate, giornalista televisivo, poeta, cinefilo, esperto in comics, fu anche scrittore di fantascienza, benché la sua attività nel campo si sia espressa quasi esclusivamente nei primi anni Sessanta. Devo alla cortesia di Renato Pestriniero (altro pioniere della narrativa di fantascienza italiana, tuttora in instancabile attività) la maggior parte delle notizie bio-bibliografiche che vi riporto. Renato, veneziano "verace", ha potuto gentilmente fornirmi molti dati su della Corte. Ancora grazie a lui ho recuperato una foto dell'Autore e la copertina del suo unico volume di fantascienza pubblicato, Pulsatilla sexuata (da me acquistato a suo tempo, cioè nel 1962, ma poi negli anni svanito in qualche buco nero).
Pulsatilla sexuata (Sugar editore) fu la prima antologia italiana di sf pubblicata in una collana non specializzata. Essa era composta da dodici racconti: Il marito congelato, Star-mail, L'isola, Un incidente pedagogico, Il pianeta gemello, Apartheid, Una tragedia coniugale, I clandestini, Otto milioni di marchi, Pulsatilla sexuata, Lui, Un Far West di ghiaccio. Il resto della narrativa di science fiction di quest'autore fu, quantitativamente, pochissima roba: altri quattro o cinque racconti sparsi e alcune prefazioni. Nel 1996, importante risultò la cura - unitamente a Pestriniero - dell'antologia collettanea Cronache dell'arcipelago (il Cardo editore), contenente sedici racconti sf di scrittori italiani e stranieri aventi come tema la città di Venezia (tra i nomi presenti: A.E. van Vogt, Gustavo Gasparini, Pierfrancesco Prosperi, Giulio Raiola, Kim Stanley Robinson, Giorgio Scerbanenco, Sandro Sandrelli, Gabriella Scialdone).
I racconti di Pulsatilla sexuata si ritiene costituiscano un rappresentativo esempio di una fantascienza italiana che ai suoi primordi, divisa fra l'imitazione dei modelli anglosassoni e il peso della cultura europea, cercava una propria strada. Ho scelto di ripubblicare Il marito congelato, ma altre storie meriterebbero una riedizione (su Futuro Europa n. 18 apparve quattro anni fa quella che dà titolo al volume). Lo stile di della Corte è spigliato; le sue storie, nonostante l'apparato fantascientifico, sono date in un linguaggio quasi quotidiano, "nostrano", capace di generare un insolito spessore realistico; e certe situazioni di questo Marito congelato rimandano forse - volendo fare paragoni con gli autori importanti di quell'epoca - alla ironia graffiante di Robert Sheckley. Particolarmente interessanti mi sono sembrati anche, a quarant'anni di distanza, alcuni spunti oggi d'attualità: un neo-capitalismo, la spasmodica ricerca di un lavoro, la crisi economica, gli Stati Uniti d'Europa, e l'onnipresente... festival di San Remo. Racconto godibile, leggero, comunque amarognolo.
Nel suo imprescindibile saggio Le frontiere dell'ignoto (Nord, 1977) Curtoni scriveva: "Della Corte ha assunto il modulo espressivo [della sf] a un livello generale e generico, accettandolo per quello che è: letteratura popolare nel senso migliore del termine, fantastica, immaginosa. L'unica concreta operazione dello scrittore è stata sul linguaggio, che è appunto diversissimo da quello dei professionisti anglo-americani, e riflette semmai una sensibilità in gran parte italiana, un'aderenza ai problemi del vivere quotidiano, che non sono tipici della sf."
Le altre storie della raccolta hanno registri diversi, dalla patetica storia d'amore fra un "macho" italiano (esploratore interplanetario) e una creatura-pianta extraterrestre del genere Pulsatilla sexuata; fino all'avventura vagamente ballardiana di Un Far West di ghiaccio, dove la discesa nelle viscere della Terra corrisponde a una regressione temporale. Ovviamente non tutto, nel volume, ha la stessa brillantezza, ma resta il fatto di un approccio differente, e spesso riuscito, ai modelli.
Per concludere, uno sguardo alla produzione non fantascientifica di Carlo della Corte.
La sua opera di poesia più recente è la traduzione inglese, apparsa a fine 2000 negli Usa, di Il viaggio finisce qui. Appunti per un romanzo in versi (1993). Sulla poesia di della Corte ha scritto Geno Pampaloni: "Sarebbe forse ora di riavvicinarsi a poeti per così dire irregolari che rifiutarono l'omologazione con la linea della poesia ufficiale. Carlo della Corte ci avrebbe un posto assicurato."
Nel 1961, l'Autore scrisse I fumetti (Mondadori), uno dei primissimi saggi sull'argomento, uscito cioè in tempi in cui il fumetto era ancora considerato dai più roba di serie C per bambini.
Tra i suoi maggiori successi di narrativa mainstream ricordiamo: I mardochei (1964), Di alcune comparse a Venezia (1968, vincitore del premio internazionale Veillon), Il grande balipedio (1969), Cuore padrone (1977, finalista al Campiello), Grida dal Palazzo d'Inverno (1980), Il diavolo, suppongo (1990, finalista premio Campiello e premio Comisso), ...e muoio disperato! (1992), A fuoco lento (1996).
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