La carica dei pianeti nani
Se questa proposta dell'IAU fosse stata approvata, oggi ci ritroveremmo con un numero di pianeti del Sistema Solare salito subito già a dodici unità, se non addirittura a tredici, ma destinato ad arricchirsi di pianeti molto in fretta. Ma così, per fortuna, aggiungiamo noi, non è stato. Questa proposta infatti ha avuto più detrattori che sostenitori, sollevando un vero e proprio vespaio nell'ambito della comunità degli astronomi. E se, tra i più accesi sostenitori c'era il comitato della DPS, la Division for Planetary Science, un autorevole gruppo appartenente all'Astronomical American Society, per la quale poteva non essere solo malizia pensare che appoggiassero la mozione per non vedere declassato il pianeta scoperto dal "loro" Clyde Tombaugh, nel resto del mondo si sono rincorse per lo più opposizioni basate soprattutto sulla conseguenza che, adottando questa definizione, saremmo stati invasi da numerosissimi nuovi pianeti. E questo avrebbe finito con lo screditare la medesima classificazione, facendo perdere di vista le peculiarità che i pianeti maggiori hanno nei confronti di Plutone o quelli come lui, mescolando giganti gassosi, come Giove e Saturno, dalle atmosfere complesse e i fortissimi campi magnetici, con poco più che agglomerati di rocce e ghiaccio, come Quaoar o Sedna. Così nel giro di pochi giorni la IAU ha fatto retromarcia e ha optato per proporre al voto dell'assemblea una nuova risoluzione che considerasse non solo l'orbita intorno al Sole e la rotondità del candidato-pianeta, ma anche la sua capacità di "ripulire" la zona circostante la sua orbita. Questa è una caratteristica cruciale, perché impone al corpo di possedere una massa tale non solo da essere rotondo, ma anche da essere capace di attirare, nel corso dei millenni, tutti i corpi minori che orbitano vicino a lui, e inglobarli per ripulire la zona di spazio intorno al proprio cammino intorno al Sole. Questo è già valido per tutti i pianeti maggiori, mentre non lo è per esempio per Cerere che non possiede una massa tale da eserciatare una forza gravitazionale sufficiente per attrarre a sé gli altri oggetti della Fascia degli Asteroidi, né per Plutone che non riesce ad attrarre a sé gli altri oggetti della Fascia di Kuiper. In questo modo i pianeti cosiddetti "classici", sono diventati otto, e Plutone e Cerere sono diventati i capostipiti di una nuova classe di oggetti "intermedi" detti pianeti nani. Inoltre nell'ambio degli oggetti della Fascia di Kuiper, i relativi pianeti nani potranno essere chiamati "plutoniani" in onore del primo di loro a essere stato scoperto. C'è stato quindi qualcosa di tragicomico in una simile bagarre per una semplice definizione, qualcosa che ha fatto pensare che le istanze della nostalgia e della malinconia per un piccolo e lontano pianeta entrato ormai nell'immaginario collettivo, potessero finire per prendere il sopravvento sulla pragmaticità e, perché no, sul freddo cinismo razionalista della scienza. Ma alla fine la scienza ha prevalso, sebbene a un'analisi attenta la nuova definizione risulti essere più qualitativa che quantitativa. Se infatti il criterio basato sulla mera rotondità difficilmente poteva essere equivocabile, qual è il discriminante nell'applicazione del criterio di "pulizia" della zona circostante la sua orbita? Che cosa significa veramente quest'affermazione? Quanto grande dev'essere considerata la zona circostante? Nella sua risoluzione l'IAU non lo specifica e lascia alla valutazione caso per caso. Del resto se da un lato è vero che suddividere e classificare è fondamentale per organizzare e trasmettere la conoscenza, dall'altro non sempre è semplice farlo in maniera univoca e inequivocabile. Così viene da sospettare che, per superare l'imbarazzo, l'IAU abbia preferito mediare tra le varie posizioni e spostare il problema un po' più in là, fino eventualmente alla scoperta del prossimo oggetto "di confine", un oggetto che non riuscirà a entrare in nessuna categoria esistente, semplicemente perché potrà entrare in tutte.
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