Un pianeta chiamato Natale per via dell'aspetto del suo continente principale, che ai primi esploratori richiama alla mente un enorme albero capovolto, un abete dal manto rosso circondato dalle acque verdi dell'oceano. Un popolo di ominidi che vivono in simbiosi con questo oceano e con il quale hanno sviluppato un intenso rapporto, che non è il solo dato enigmatico di una cultura indecifrabile per gli umani. E una squadra di ricercatori dell'ACRI (l'Associazione Confederata di Ricerca Interstellare) che approda sul pianeta per studiarne la civiltà e avviarla a una futura integrazione nella Comunità Alleata Interstellare. Ecco gli ingredienti di questo romanzo di Ruth Nestvold.

 

Scrittrice tedesca laureata in lingue e letterature straniere, la Nestvold è stata ricercatrice presso la cattedra di lingua inglese dell'Università di Friburgo prima di diplomarsi nel 1998 al corso di scrittura creativa di fantascienza del West Clarion. Il suo esordio come scrittrice è avvenuto nel 2001 con il racconto Latency Time, pubblicato sulla Asimov's Science Fiction. A oggi è autrice di 25 opere, tra cui interessanti esperimenti di scrittura ipertestuale come il racconto Cutting Edges; or a Web of Woman, rintracciabile anche in rete (http://www.lit-arts.net/cutting_edges/1stpage.htm). Prolifica produttrice di saggistica, si interessa da anni alla riscoperta di Aphra Behn, popolare scrittrice e drammaturga di inizio Seicento della quale ha curato anche un sito web (http://www.lit-arts.net/Behn/begin-ab.htm). La passione per la vita e le opere dell'autrice, considerata la prima scrittrice professionista nella storia della letteratura inglese, ha spinto la Nestvold a farne la protagonista del suo prossimo romanzo, una storia di viaggi nel tempo attualmente in fase di stesura. Il linguaggio segreto è un romanzo breve scritto in lingua inglese, il che rappresenta già in sé un punto di merito per l'autrice, europea costretta a confrontarsi con una lingua non sua, ma di cui sicuramente ha avuto modo di maturare una solida padronanza grazie ai suoi studi e al suo lavoro. Il suo sforzo al di là del rassicurante abbraccio della sua pur nobilissima madrelingua è stato ripagato prima dalla pubblicazione sulle prestigiose pagine della Asimov's, e poi dalla nomination a due premi di spicco del panorama della fantascienza come il James Tiptree Jr. Award e lo Sturgeon Award.

 

La lingua è anche il problema al centro di questo romanzo, la cui protagonista deve confrontarsi con la cultura mejana, una civiltà che nel tempo ha sviluppato un linguaggio ufficiale aperto a tutti i membri della comunità, e uno segreto riservato alle sole donne. Le ragioni di questa differenziazione sono al centro dell'indagine di Antonia Donato, detta Toni, xenolinguista alle prime armi ma appassionata e volenterosa che approda sul pianeta Natale (conosciuto ai nativi come Kailazh) per unirsi al team di ricercatori condotto dal dottor Hartmut Repnik. Repnick stesso è uno xenolinguista, un ricercatore ammirato che però non tarda a svelare a Toni la sua vera natura di superiore dispotico e privo di scrupoli, che non mancherà di creare a lei e al resto della squadra ogni tipo di ostacoli nel cieco inseguimento di un privato sogno di gloria. Mossa solo dalla sua passione Toni non si darà per vinta e ripercorrerà attraverso le parole sconosciute di una lingua aliena un sentiero nella storia mejana fino all'illuminante scoperta finale. I molti elementi disseminati dalla Nestvold nella trama (i cruenti e incomprensibili rituali di massa condotti in riva all'oceano, la tradizione del merletto che sembra essere l'unica forma di espressione artistica di una civiltà sprovvista di una tradizione scritta, l'organizzazione sociale di Natale/Kailazh basata su clan familiari di dimensioni dispersive) si compongono così a formare un mosaico di più ampio respiro, capace di tracciare compiutamente il profilo culturale e storico di una civiltà aliena.

 

La rivelazione, per nulla artificiosa, arriva naturale a coronamento del solido impianto narrativo architettato dalla Nestvold: i brevi stralci di documentazione ufficiale e rapporti che aprono i vari capitoli (eco della passione dell'autrice per la narrativa ipertestuale) si prestano bene a rappresentare il ribaltamento del punto di vista innescato dalla scoperta di una nuova, insospettata chiave di lettura sugli usi e i costumi dei mejani. In questa prospettiva capovolta anche le relazioni rigidamente codificate tra gli uomini e le donne mejane assumono una nuova valenza, tingendosi di una sfumatura che di riflesso muterà i rapporti di forza all'interno della squadra di contatto degli esploratori umani. Alla fine, come in un effetto domino innescato dall'immancabile interazione tra l'osservatore e l'oggetto dello studio, la forza d'urto della scoperta farà tabula rasa delle convenzioni e delle convinzioni dei ricercatori. Destinato a sopravvivere nella memoria del lettore resterà un accattivante dipinto dal dettaglio frattale, un po' come gli anelli che circondano Kailazh e che rifulgono nei suoi tramonti, o come i merletti, rodela o fashar della sua gente.