Un'esperienza interiore che introduce alla maturità dell'anima, alla consapevolezza di un'eternità tutt'altro che scontata, tutt'altro che alla portata di tutti.
Rinascere a nuova vita nel mentre che si è biologicamente vivi - risveglio possibile ma non assicurato - può lasciarci dentro il segno per lunghi periodi, cambiarci il corso della coscienza tramite un'alchimia che l'uomo, ancora indissolubilmente legato al suo passato arcaico, non riesce e non deve dimenticare. Guerriero di luce, di Marco Milani, è tutto ciò; è un libro denso di storie apparentemente legate e anche, al tempo stesso, apparentemente slegate tra loro, intessute con una trama leggera, a volte ironica ma sempre pronta a incollarci a un richiamo importante, che sovrasta il sorriso appena spuntato sulle labbra: la crescita interiore.
Non c'è bisogno di serietà estrema, così noiosa e così poco umana, per leggere quest’ennesimo libro di Milani; non c'è bisogno di calarsi in una realtà impegnativa e alienante, perché l'autore sa portarci in giro per il mondo che ha scoperto con un passo lieve, così da insegnarci ciò che lui ha appreso dalle dottrine orientali e dai suoi maestri, tutti ben lontani dai teoremi politici e dogmatici propri di qualsiasi religione – soprattutto quelle monoteiste.
Mi è sembrato di sentirlo sussurrare, a Milani, nel mentre che scriveva le sue saggezze con l'intento di trasferirle in me ascoltatore; in quel momento, l'ho sentito pulsare di vita interiore vivida e a volte impaurita dall'enormità del cosmo, dallo spazio profondo che ci sovrasta che, come la fisica quantistica illustra, può coincidere col microcosmo che è dentro di noi. Ogni passo minimale scritto all'interno del libro riflette una parola, e le frasi così composte formano il sentiero che ha portato Milani a questo risultato; l’aver precedentemente pubblicato due libri-antologie di suoi racconti non lasciavano certo presagire questo – ora – ovvio risultato incarnato da un romanzo breve, che sa indicarci i punti cardinali di una sua notevole crescita interiore.
Marco Milani è uno dei fondatori del Connettivismo, e questo suo scritto pone la frontiera dell'avanguardia del Movimento un po' più in là, verso lo stesso spazio cosmico indicato dai suoi compagni di viaggio osservato, però, da una nicchia che sa di rifugio, di antro della psiche pacifica e lucente, postumana perché finalmente ripulita da ogni lordura sociale, politica, religiosa; anche questo è un avamposto, non c'è bisogno di navi spaziali fantasmagoriche o prese craniali da connessione neurale per raggiungerlo, perché basta saper andar lontano con la mente, tramite l'anima.
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