A dieci chilometri dall'obiettivo il sistema di navigazione disattivò i razzi di frenata e iniziò la manovra di avvicinamento di precisione. L'uomo controllò l'operazione da un piccolo monitor, pronto a intervenire. Non ce ne fu bisogno.
A cinquanta metri dall'obiettivo, l'uomo abbassò la leva per l'apertura del portello esterno, e con una piccola spinta si mosse spinse nel vuoto.
Lo spazio fuori dall'astronave era affollato di stelle. Senza il filtro dell'atmosfera e senza la luce del Sole nelle immediate vicinanze il numero di stelle visibili era molto più alto di quanto l'uomo avesse mai avuto esperienza. L'uomo rimase qualche secondo immobile, forse per recuperare l'equilibrio emotivo. Poi cominciò ad azionare i piccoli propulsori della tuta per avvicinarsi all'obiettivo.
L'obiettivo era costituito da un corpo cilindrico di circa un metro cubo di volume, sul quale era fissata un'antenna parabolica di 2,74 metri di diametro puntata verso il Sole, e due braccia lunghe circa tre metri che contenevano i sistemi scientifici, disposti a circa 120 gradi uno dall'altro. Il terzo braccio, più sottile e che si allungava per circa sei metri, ospitava un piccolo magnetometro.
L'uomo si avvicinò all'oggetto bilanciando la propria velocità e direzione in modo da non allontanarsene. L'oggetto sembrava del tutto inattivo. L'energia dei generatori nucleari si era esaurita ormai da molti anni.
Con piccoli e misurati impulsi dei propulsori l'uomo girò attorno all'oggetto, portandosi dal lato giusto, e finalmente trovò ciò che cercava.
Sul lato dell'oggetto era fissata una piastra metallica rettangolare d'oro anodizzato. Sulla piastra erano disegnati, sulla destra, due esseri umani, un uomo e una donna. L'uomo aveva una mano alzata in un gesto di saluto. A sinistra in alto due cerchi collegati da un tratto orizzontale illustravano la transizione iperfina dello spin dell'idrogeno atomico, mentre al di sotto si trovava un diagramma che rappresentava la posizione del Sole rispetto alle stelle più luminose del settore galattico.
Nella parte bassa della placca si trovava uno schema grafico che descriveva il Sistema Solare.
L'uomo mosse la mano coperta dal pesante guanto e aprì uno scomparto sul davanti della tuta. Con movimenti prudenti ne estrasse il contributo alla missione dell'Agenzia spaziale russa: una grossa matita.
Con gesti cauti avvicinò la matita alla piastra, quindi tracciò una X sul puntino più a destra nella rappresentazione del sistema solare. E parlò.
— Secondo quanto stabilito dall'Unione Astronomica Internazionale il 24 agosto 2006, Plutone non può più essere considerato un pianeta. Ora questa placca è corretta.
Rimise la matita nel comparto e azionò i propulsori per tornare alla sua navicella. Pioneer 10 era fatto. Ora lo attendevano altri trentadue anni di viaggio in animazione sospesa per raggiungere Pioneer 11.
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