- Dai Vassily - si disse ad alta voce, - è solo che voleva ancora un pesciolino. Per quel motivo ti stava guardando in quel modo. Non essere illogico!La notte, nel suo letto, Vassily sognò il delfino che gli parlava di un futuro bambino. Allontanò quella allucinazione dalla sua mente in dormiveglia così come si scaccia una zanzara fastidiosa. Gli era sembrato tutto troppo reale.
Il giorno dopo, durante la pausa mattutina, Vassily andò a trovare il suo amico misterioso. Appena lo vide, Fred deliziò il suo visitatore con un salto e una capriola all’indietro, ricadendo nella piscina con un gran tonfo e schizzi d’acqua salata che arrivarono fino al viso dello scienziato.
Vassily si asciugò la faccia con la manica del camice e fece un cenno di saluto verso la vasca.
Fred si avvicinò alla sua postazione e iniziò una specie di dialogo con risatine, strilli e pause in alternanza. Sembrava volergli dire qualcosa, ed era molto felice di comunicarglielo, di qualsiasi cosa si trattasse. Pareva un bambino al suo primo volo con l’aquilone: un entusiasmo straripante di gioia.
- Sì Fred, non ti comprendo, ma sono per te. - Vorrei anch’io avere il tuo stesso stato d’animo, pensò Vassily. Rientrò nel laboratorio con il cuore sollevato dalla serenità del suo amico pinnuto. L’empatia ha i suoi pro e i suoi contro. Questa volta aveva condiviso un evento positivo con un altro essere vivente, e questo era stato molto bello.
Intanto, nel profondo del suo cuore, una vocina sottile da delfino, gli stava ripetendo una frase solo inizialmente incomprensibile: L’ho sognato per te… L’ho sognato per te… L’ho sognato per te… L’ho sognato per te!
Vassily si girò di scatto, ma la stanza in cui lavorava era vuota. Da buon fisico razionalista non accettava il fatto che quel mormorio potesse venire dal suo interno.
Ma che lo accettasse o no, il processo era stato avviato, e come un’onda anomala lo avrebbe trascinato in un territorio inesplorato e completamente fuori da ogni legalità. Come un surfista sull’oceano, avrebbe cavalcato l’onda cercando di restare a galla il più possibile.
A volte bisogna bere per non affogare, ripeté mentalmente il suo inconscio.
Che cosa significava? si chiese.
- Che cosa significa? - gridò verso un interlocutore immaginario.
Due anni dopo
- Ivan, dammi la manina che attraversiamo la strada insieme.Vassily guardò con attenzione nelle due direzioni di marcia, e con passo spedito raggiunse l’altro marciapiede. La sua mano, così come faceva tutte le sere da circa due anni, stringeva la piccola manina di un bambino sculettante per il pannolino troppo voluminoso.- Gioco con attalena?
Vassily lo guardò teneramente e, dopo avere verificato con la coda dell’occhio che i giochi del parchetto erano liberi, gli rispose: - Sì, andiamo a giocare con l’altalena e lo scivolo. Adesso ci raggiunge anche la mamma. Contento? - Ivan, strizzando gli occhi per la troppa luce, abbozzò un sorriso con i denti da latte intermittenti. - Bello! Mamma e tatà fate purupù!
Vassily non avrebbe scambiato, con tutti i diamanti del mondo, la sensazione di prendere in braccio il bambino, baciarlo, sentire il suo debole abbraccio attorno al collo. Finalmente sentiva la sua vita piena, colma di un affetto che gli mancava come l’uso della vista a un cieco dalla nascita. Ora vedeva la felicità e non gli importava più niente del lavoro e dei suoi dolori personali. E’ incredibile, pensò, come un esserino minuscolo possa modificare a tal punto i propri riferimenti e le priorità instaurate da una vita.
Ranya li raggiunse quando già erano al terzo giro sull’altalena e al cavallino con la molla.
- Mamma bella! - Ivan si proruppe in una corsa sfrenata che, con l’aiuto del brecciolino, si trasformò in un ruzzolone a pancia in giù.
- Fatto male… - disse, guardandosi con compassione i gomiti sbucciati, con un immediato seguito di pianto e lacrime. Una richiesta esplicita di coccole e comprensione.
Ranya gli deterse le ferite con un fazzoletto bagnato e lo prese in braccio. Ivan assunse una posizione fetale e si iniziò a ciucciare il pollice come se si trattasse di un manicaretto d’alta scuola francese.
- Vas, domani veniamo a trovarti a lavoro con Ivan - disse Ranya mentre carezzava la testa del bambino con un movimento ritmico di entrambi le mani.
- No, è meglio di no.
- Ma sai bene che lo ha chiesto già tante volte. Ha sentito che lavori con i pesci grandi e vorrebbe tanto vederli.
- No, lo porteremo a visitare un acquario. Ti ho già spiegato che è pericoloso farlo venire da me. E’ meglio di no.
- Guarda che non mi hai spiegato niente. Quando fai così non ti capisco proprio! Ti faremo una sorpresa…
- No! Non c’è niente da capire. Volevi tanto un bambino? Adesso ce l’hai. E’ bellissimo e ci vuole tanto bene. Ti deve bastare.
- Sì, ma lui è diverso da noi. Non so se è giusto quello che abbiamo fatto.
- Diverso? Come fai a dire una cosa del genere, tu che ci stai sempre insieme! Me lo sarei aspettato da un estraneo, non da te.
- Sai bene cosa intendo. Sono contenta per quello che hai fatto, so quanto hai sofferto. Però resta sempre il fatto del come.
- Il come è solo un accessorio, che nel nostro caso non ha nessun peso. Devi guardare soltanto i risultati. Devi farlo per il suo bene. Se lo ami veramente, come dici, passerai sopra il come.
- Ma…
- Nessun ma - la interruppe Vassily, il suo viso stava prendendo un colore più acceso - stai ai patti, per una volta mantieni la promessa che mi hai fatto.
In effetti sarebbe stata la prima volta.
Non è possibile guidare una mente umana alla ragione. Troppe connessioni neurali casuali, troppe variabili nel sistema. E poi l’uomo non è felice se non condisce la vita con un pizzico di follia, si annoierebbe troppo.
Certe rotte, che a un primo sguardo potrebbero sembrare caotiche, devono essere state scritte da qualcuno che non ama giocare a dadi. Nell’antichità gli astronomi osservavano i pianeti del sistema solare che descrivevano insolite orbite pazzoidi. Solo cambiando il sistema di riferimento, si fece chiarezza sulla semplicità ellittica del pensiero cosmico: non più il Sole e gli astri che ruotavano intorno alla Terra, ma tutto che girava attorno alla nostra stella.
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