Electroplankton è una produzione di natura squisitamente sperimentale. Non un videogioco nel significato classico, anche se comunque di giocare si tratta. Giocare con i suoni, le immagini, le sensazioni. Pensato dall’artista giapponese Toshio Iwai, da sempre affascinato dalle contaminazioni e dalle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, Electroplankton si costituisce come una serie di dieci performance multimediali: Tracy, Hanenbow, Luminaria, Sun-Animalcule, Rec-Rec, Nanocarp, Lumiloop, Marine-Snow, Beatnes e Volvoice. Ognuna di esse prende il nome dalla specie di plancton che la caratterizza, reagendo in modo particolare agli stimoli del giocatore che esplora un crogiuolo di fantasie multisensoriali, nascoste tra i quadri pop di un grazioso microcosmo subacqueo. Utilizzando per le proprie composizioni la parola, la vista, l’udito, il tatto. In Tracy si disegnano correnti in modo che triangoli elettrici policromi possano seguirle emettendo diverse tonalità di suono. In Hanenbow si lanciano plancton fuori dall’acqua, a creare coi loro rimbalzi scale floreali. Luminaria si basa sul caotico traffico di stelle tintinnanti lungo binari nei fondali. Sun-Animalcule racchiude il fascino della vita in scoppiettanti uova dalle fantastiche proprietà sonore. Rec-Rec è un incastro di campionamenti raccolti e trasformati da plancton che si cibano di onde sonore. Nanocarp è una danza sincronizzata sulla frequenza delle vibrazioni del mondo esterno. Lumiloop gioca producendo a ogni giro di pennino illuminazioni pentatoniche differenti. Marine-Snow è una pioggia cristallina sul pelo dell’acqua con continui scambi di ruoli tra i 35 elementi di un’orchestra marina. I Beatnes restituiscono gli effetti sonori a onde triangolari dei videogame del Nintendo Entertainment System in una sequela ritmica completamente da programmare. Volvoice è un plancton mutante: cattura le voci umane e le ripetete cambiandone la forma.
Nello spiegare Electroplankton, che riprende discorsi già affrontati da Iwai in passato (come in Wells of Light e Music Insects), l’artista giapponese ha sottolineato la volontà di combinare nella sua opera le peculiarità di quattro strumenti che ha adorato da piccolo e lo hanno accompagnato crescendo: il microscopio, il registratore, il sintetizzatore e il Nes (Nintendo Entertainment System, la console casalinga Nintendo che conquistò gli anni ’80). Il risultato finale è una fusion affascinante. Uno strumento di strumenti che recupera il concetto di semplicità in modo esemplare e permette a chiunque, tra lo stupore del gioco esattamente come i bambini, di creare musica e invenzioni audiovisive.
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