Strana cosa la fantascienza.

Può succedere che un romanzo pubblicato due volte su Urania, nel 1960 e nel 1976, scritto da un autore che in Italia è conosciuto per quest'opera e altri tre racconti, venga ripresentato a trenta anni di distanza su una collana giovane come Odissea.

Per gran parte dei lettori Gli esiliati di Ragnarok risulterà un romanzo nuovo, come il nome dell'autore, Tom Godwin, poco prolifico e ancor meno tradotto in italiano, per altri risveglierà lontani ricordi.

Il romanzo inizia con una situazione classica, un'astronave che cerca di sfuggire all'inseguimento del nemico, senza peraltro riuscirvi.

Colpita nelle parti vitali la Constellation si deve arrendere alle navi dell'impero Gern, la potenza che sbarra alla Terra la strada della colonizzazione spaziale.

Parte degli uomini e delle donne a bordo sono destinati a diventare schiavi dei Gern, mentre gli altri, quattromila tra uomini, donne e bambini, vengono portati su un pianeta "di tipo terrestre" e abbandonati per sempre, nonostante le promesse di tornare a prenderli.

Il luogo del loro esilio è il terribile Ragnarok, nome che significa "fato degli Dei", la mitica battaglia finale che porterà alla distruzione dell'universo, come descritto nell'Edda poetica, secondo la mitologia nordica, un pianeta inospitale e ostile.

Freddo, malattie, gravità più forte che sulla terra, predatori e tempeste mietono ben presto migliaia di vittime, e solo uno sparuto gruppo di superstiti riesce a restare aggrappato alla vita.

Ben presto i sopravvissuti abbandonano tutto quello che non è utile per la sopravvivenza, rinunciando a tutte le conquiste della civilizzazione per riuscire nell'unica cosa importante.

Esemplificativo di questo atteggiamento è il discorso di Julia alla fine di pagina 39, più ancora dell'impiccagione di Bemmon, colpevole di aver sottratto cibo alla comunità.

Molte sono le situazioni drammatiche in cui vengono a trovarsi i coloni, esposti a mille pericoli e in balia di un pianeta che orbita attorno a due soli, esponendoli a calore e freddo estremi, tuttavia a poco a poco la comunità dei terrestri, ridotta a un pugno di persone, riesce a prosperare, adattandosi all'ambiente e trovando insperati alleati.

La volontà di vendicarsi da chi li ha abbandonati su Ragnarok ha sorretto i sopravvissuti, e il sogno ora sembra meno impossibile.

Diciamo subito che questo è il mio romanzo di fantascienza preferito, lo lessi poco più che dodicenne e che in seguito ho riletto molte volte, sempre con la stessa emozione.

Se pensate che le cinque stelle siano dovute solo a nostalgia siete però sulla strada sbagliata, altri romanzi che mi avevano appassionato da ragazzino non reggono alla rilettura, ma Gli esiliati di Ragnarok non mostra un filo di grasso neppure dopo cinquanta anni.

Si tratta di un capolavoro della fantascienza, un romanzo duro e stringato, dove i Gern sono davvero malvagi, Ragnarok è davvero pericoloso ed è meglio non affezionarsi troppo ai vari personaggi.

Il tema del pianeta che tempra gli uomini è stato sfruttato molte volte nella fantascienza, tra i mondi famosi possiamo ricordare Valeria, di E. E. "Doc" Smith, Salusa Secundus e Arrakis di Frank Herbert e Pyrrus, il pianeta impossibile di Harry Harrison, Ragnarok non sfigura certo tra questi illustri precedenti, lo sforzo di Godwin per creare alieni credibili e un mondo quasi al limite della sopravvivenza è stato fruttuoso.

Il cambio di titolo (quello di Urania era I superstiti di Ragnarok) mi ha lasciato sconcertato, si tratta di un'azione immotivata e folle, ma ho deciso di perdonare questo atto blasfemo dietro la promessa che il seguito di questa storia, Space barbarians, verrà finalmente tradotto e pubblicato in Italia.

Non so se questo romanzo vi piacerà, ma se vi piacerà lo amerete davvero.

Tom Godwin è un autore decisamente poco prolifico, che ha scritto diversi racconti e tre romanzi, a partire dal 1953, anno del suo debutto, sino al 1971.

Nonostante questo è riuscito a conquistare una discreta celebrità con il racconto Le fredde equazioni, che si dice sia stato riscritto, sotto l'inflessibile guida del direttore di Astounding John W. Campbell, per ben sette volte.

Godwin ci ha lasciato nel 1980.