I primi protagonisti sono i motori. Poi la città. Driver Parallel Lines segue le gesta di TK, un ragazzo dell’America degli anni ’70 interessato a far soldi in fretta. Bolidi fiammanti, belle donne e correre veloce. Passioni che suppone di soddisfare facilmente sgommando a New York. E New York, quella del 1978 in pieno boom di locali equivoci e traffici loschi, sembra fatta apposta per un tipo sveglio e senza troppi scrupoli come lui. Chi più chi meno, c’è sempre un signorotto della malavita con pantaloni a zampa e giacca stravagante alla ricerca di qualcuno bravo a pestare forte sul gas. Dagli ingaggi come autista ai primi furti d’auto, nel giro di pochi mesi TK si ritrova invischiato fino al collo nella spirale del crimine. Quella che una volta dentro, è un gioco da ragazzi colare a picco. Ragazzi come TK, The Kid, che 28 anni e un bel po’ di scorribande dopo si prepara a uscire di prigione. Lo aspetta una metropoli nuova. In 28 anni, New York è cambiata molto rispetto a quando impazzavano la disco music e Donna Summer. Cosa è accaduto di preciso a TK tocca al giocatore scoprirlo. Non si può dire tutto e si è già detto abbastanza. C’è solo da aggiungere che il ragazzo nel frattempo è diventato un uomo assetato di vendetta.
I racconti del 1978 e del 2006 sono le linee parallele dell’ultimo Driver, che si sviluppa su due fronti nonostante tutto anche intersecanti. Come in un romanzo storico i personaggi e le loro vicissitudini accompagnano dentro un’epoca, così la travagliata avventura di TK è lo spunto per mostrare, con un certo fascino e una diversa prospettiva, le stesse tematiche: la Grande Mela e le automobili. Esattamente come il protagonista, il giocatore sperimenta entrambe nelle rispettive, profonde trasformazioni. Circolare per New York nel 2006 non è come farlo nel 1978. E più che l’acqua calda, grazie all’interessante svolta narrativa ci si sveglia sotto una doccia fredda di scorciatoie stravolte e riferimenti da imparare daccapo. Basta risolvere un’operazione semplice per comprenderne l’importanza. Un fitto e intricato reticolo di strade, più un caotico fiume di veicoli, più guardie, più ladri. Uguale inseguimenti a rotta di collo per scrollarsi di dosso i segugi della polizia. È questo il sale della vita in Driver Parallel Lines, che invita a replicare a Harlem o nel Bronx le fughe rocambolesche dei Blues Brothers, tra derapate, sparatorie, incidenti.
Si può guidare per decine di minuti non passando mai due volte nell’identico posto. La New York del videogame Reflections è un gigantesco dedalo metropolitano ricostruito nella sua interezza, senza soluzione di continuità. In ciò Driver Parallel Lines evidenzia un’affinità elettiva con il paradiso ludico dell’emancipazione, quel Grand Theft Auto che ha rappresentato e rappresenta il parco giochi più rivoluzionario, immenso e libertino. Non tanto un plagio però. È l’evoluzione della serie che naturalmente va in quella direzione. Restando peraltro ancorata al sapore vintage della caccia in macchina all’americana, magari in muscle car, immersi nelle luci e nelle sirene della polizia che reclama la pelle di un cattivo tosto, pronto a far degli inseguitori un cumulo di rottami fumanti. Proprio come le gomme del suo bolide serpeggiante lanciato contromano a tutta velocità. D’altronde, il piacere della guida nel gangster game Atari va di pari passo con quello della distruzione, elaborata da un pirotecnico sistema di danneggiamento delle vetture. E, per tornare al discorso delle macchine assolute protagoniste del gioco, a passeggiare a piedi per New York ci si sente completamente nudi.
Dopo il chiacchierato Driv3r, con Parallel Lines gli autori della serie dimostrano di aver riflettuto sugli errori e in linea di massima corretto il tiro, smussando gli spigoli vivi e recuperando così il loro simulatore di inseguimenti in un contesto più ampio e contemporaneo. Ci sono le macchine, ci sono le moto. Le si può modificare. Ci sono una città magnifica e un modello di guida soddisfacente. Sceneggiatura e missioni fanno né più né meno il loro dovere (la prima un po' più, le seconde un po' meno), dove la struttura libera consente invece di diluire il gioco a proprio piacimento dentro e fuori la trama seppure, a parte sfidar le volanti su questo e quel raccordo, non è che ci siano molte distrazioni.
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