Comunque il perché non aveva molta importanza, non c'era risposta che potesse giustificare un simile evento. E pensare che quando l'astronave aveva cominciato il suo viaggio lui non si era neppure voltato a guardare la vita che stava abbandonando. Ma un conto è partire conservando la remota speranza che un giorno, se le cose fossero andate male, una casa dove tornare ci sarebbe stata, un'altra cosa è viaggiare per una meta incerta lasciando solo cenere dietro di sé. Ora si sentiva come un inutile granello di carne sparato nello spazio, anzi no, perché inutile? In fin dei conti si trovava in quella situazione per un motivo ben preciso. Effettivamente lui era scampato a quella sciagura e per quanto si sentisse male per quello che era successo non riusciva a dispiacersi d’essere vivo. Aveva perso tutto ma, in effetti, non aveva lasciato un gran che. I lunghi anni di pace precaria avevano finito per logorare la gente. Anche nelle zone più tranquille la maggior parte della popolazione viveva alla giornata, soddisfatta di portare a casa il culo e una pagnotta di pane quando arriva la sera. Erano bastate due generazioni per riportare la massa ad uno stato di semi - analfabetismo. Solo pochi fortunati o volenterosi riuscivano a raggiungere un buon grado di cultura e il più della volte venivano inglobati nell'Ordine Labirinto. A lui era successo proprio così. E questo valeva sia per una fazione sia per l'altra. La tecnologia aveva compiuto passi da gigante ma era monopolio di pochi e comunque la maggior parte di quelli che potevano permettersi di usufruirne non ne capivano la meccanica. Per quanto ne sapevano poteva anche essere pura magia.La vita non era facile per nessuno, figuriamoci per un'artista in un mondo in cui l'unica preoccupazione è arrivare alla fine della giornata. Eppure, a volte, brevi stralci di vita, piccoli sguardi rubati a chi non sa di essere osservato, frammenti di conversazioni ascoltati inavvertitamente, brillavano ancora di quell'incredibile calore che aveva ispirato gli artisti passati. E lui non poteva fare a meno di racchiudere questa meraviglia in una tela. Non aveva mai creduto molto al Dio professato dai Labirintici, però avvertiva dietro questi momenti così speciali, una mano più alta, che armonizza tutte le cose fra loro. In quei brevi istanti gli sembrava che valesse ancora la pena vivere quella vita.Ora tutto questo non c'era più. Ma a lui è stata data la possibilità di ricostruire una nuova cultura, una nuova società, plausibilmente migliore di quella appena sparita.
Ledeo si sorprese dei suoi pensieri. Lui era sempre stato una persona piuttosto pessimista, non ad oltranza ma comunque pessimista. Ora invece sentiva nascere dentro sé una sincera speranza per il futuro, soprattutto per il Progetto T.I.’A. Non ricordava nulla di quello che Madres gli aveva fatto dopo l'esplosione, anche se si sforzava. Ma se c'era il suo zampino in questo suo ritrovato buon umore allora doveva ammettere che Madres sapeva il fatto suo.
Aveva voglia di parlare, raccontare le sue impressioni su quanto era avvenuto sino a quel momento. Il suo pensiero si focalizzò immediatamente su M.I.S., tutto sommato sarebbe andata bene anche lei.
La chiamò, non a voce alta, ma lei arrivò quasi subito. Pronta per ascoltarlo.
V
Passarono altri tre anni, lenti e tranquilli. Il viaggio verso la così detta terra imagin'aria procedeva senza problemi. Gli infiniti tempi morti all'interno della nave avevano dato a Ledeo la possibilità di imparare molte cose. La memoria centrale conteneva una quantità di nozioni quasi infinita, soprattutto abbracciava la totalità degli argomenti scientifici, storici e culturali.In verità lui non era mai stato particolarmente attratto dalla lettura, specialmente poi così impegnativa, ma molte cose del suo carattere erano cambiate in quell’intervallo.Quando si trovava ancora su Al Arret trascorreva il suo tempo libero piangendosi un po' addosso e guardando il soffitto della sua camera, sdraiato sul letto con scatole di cibo precotto disseminate dappertutto. Non che fossero veri momenti d’inattività, una cosa la faceva: pensava. Erano però pensieri malati, febbricitanti, che barcollando e trascinandosi non arrivavano mai a nulla, se non ad una visione sempre più nera della propria vita. I pensieri di un uomo che camminava guardandosi le punte dei piedi. Ora Ledeo non poteva fare a meno di sorridere di quell'uomo che era stato L'esperienza che stava vivendo gli aveva dato la possibilità di guardare le cose con occhi diversi, gli occhi di Madres. Quando era con lei ogni cosa, ogni concetto, svelava la sua vera forma, la sua identità nascosta. Gli eventi, all'apparenza slegati tra loro, diventavano una sequenza logica tanto precisa da poterne quasi indovinare alcuni scampoli ancora da venire. Da principio si era sentito quasi schiacciato dal peso della sua pochezza intellettuale, più insignificante di quando era partito. Specialmente alla fine d’ogni sessione nel piano parallelo. Il contrasto tra l'onnipotenza che avvertiva quando si trovava in quella dimensione e i limiti fisici delle regole della sua realtà lo gettavano spesso in uno stato d'animo molto vicino alla depressione.
Poi però, col passare del tempo e i continui incoraggiamenti di Madres, le cose erano lentamente cambiate. Non aveva alcuna importanza quel che era stato fino ad allora, quello che contava era cosa sarebbe diventato da quel punto in poi. Dipendeva solo da lui, dalla sua volontà. La Novak disponeva di tutto il materiale necessario per arricchire la sua cultura e dove la semplice nozionistica si fermava Madres era sempre pronta ad allargare le sue vedute con esperienze sensoriali dirette.
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