Seconda osservazione: le alterne vicende politico-ideologiche di questo paese hanno messo al bando, di volta in volta, la scienza, ritenuta o “pericolosa” o “sovversiva”, o entrambe. E la conseguenza più diretta è stata la messa al bando anche della stessa fantascienza.
Terza osservazione: la maggior parte degli scrittori di science fiction sono degli scienziati e, soprattutto, non si sostengono economicamente – come capita anche altri paesi non di lingua inglese – scrivendo narrativa.
Eppure, la Cina – pur essendo un paese dalle mille contraddizioni – rappresenta un potenziale ed enorme mercato, tanto per gli autori stranieri, tanto per quelli cinesi, anche se oggi la situazione non è molto positiva per gli autori cinesi.
Secondo un recentissimo articolo del People's Daily, il giornale più influente e più autorevole della Cina, negli anni Ottanta, mentre il pubblico cinese rimaneva affascinato da film come Guerre Stellari, esistevano ben 30 diverse riviste di fantascienza. Oggi, ne esiste una sola: SF World che circola in circa 300mila copie. Di fatto, SF World è la rivista di science fiction più venduta al mondo, anche se bisogna tener presente che la popolazione della Cina si aggira intorno al miliardo e 300mila abitanti. Un risultato, tuttavia, notevole se si pensa che ci sono ancora 87 milioni di analfabeti, di cui 23 milioni sono giovani e persone adulte e che l’8% della popolazione non ha completato il ciclo obbligatorio di nove anni e tutto ciò avviene soprattutto nella parte ovest del paese.
Oggi, la Cina può contare su circa 100 scrittori professionisti di SF, ma solo un dozzina gode di una certa fama.
Nel 2003, la morte di Zheng Wenguang, considerato il padre della SF cinese, ha momentaneamente attirato l’attenzione di alcuni mass media americani, ma la notizia in Cina è passata quasi in sordina.
Segnali positivi però sono in atto. Prima di tutto ormai il Paese Celeste non è più isolato dal resto del mondo, non è più un mistero geografico e culturale: la globalizzazione è entrata anche a Pechino. Attualmente, l’economia cinese si è aperta ai mercati, tanto che può essere paragonata a quella proto-capitalistica dell’Europa di oltre un secolo e mezzo fa, e ciò significa anche una maggiore attenzione verso scienza e tecnologia ed una più libera circolazione di testi scientifici. Ciò significa anche, probabilmente, la preparazione di un terreno più fertile per la lettura di libri di fantascienza.
Il segnale più positivo è – notizia di questi giorni – che la rivista cinese SF World ha organizzato per il 2007 una convention internazionale, che si svolgerà in agosto, a Chengdu, nei giorni precedenti quelli della convention mondiale ufficiale che si terrà in Giappone a Yokohama. Durante la convention – che si svolgerà dal 24 al 27 agosto - verrà assegnato anche il premio The Galaxy Award, l’equivalente del nostro Premio Italia.
Ma torniamo all’antologia: quali racconti si ritroverà a leggere il lettore di Urania?
“Direi che il modello – afferma Lippi - resta quello occidentale, ma con un fervore, un desiderio di comunicare e dire cose importanti che da noi si era un po' perso. Va tenuto conto, inoltre, che l'antologia è del 1988, e per quanto integrata con informazioni e dati recenti, non risente dell'attuale clima di occidentalizzazione a tutti i costi che ormai pervade la vita culturale cinese, come riflesso del mercato”.
Wei Yahua, Wang Xiaoda, Tong Enzheng, Ye Yonglie, Zeng Weng-huang e Jang Yunsheng sono gli autori degli otto racconti, che spaziano dalle storie di robot a quelle incentrate sulla fine del mondo, dalle macchine stupefacenti alle trasformazioni dell'uomo nel futuro.
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