Se gli fate indossare un cappello ed una giacca rossa, potreste scambiarlo per Babbo Natale, ma Chris Claremont – classe 1950, londinese, ma americano d’adozione - ha in comune con Santa Claus l’aver incantato intere generazioni di ragazzi in tutto il mondo. Come? È stato ininterrottamente per oltre 16 anni lo sceneggiatore degli X-Men, la saga a fumetti creata dal mitico Stan Lee.
Tutto è cominciato nel 1969, quando quasi per caso il giovane Claremont ottiene di partecipare ad uno stage di due mesi alla Marvel Comics. In quegli anni, tenta anche la strada della recitazione, ma scrivere è ciò che gli riesce meglio e alla Marvel si accorgono del suo talento, assumendolo come assistente redattore per le testate in bianco e nero.
Nel 1975 arriva l’occasione che gli cambia la vita: gli viene chiesto di scrivere storie per la testata X-Men, che era appena stata rilanciata dal duo Len Wein e Dave Cockrum e salvata dalla cancellazione.
È l’inizio della consacrazione. Insieme al disegnatore John Byrne, Claremont scriverà alcuni dei capitoli più belli della storia del fumetto.
Alla fine degli anni ottanta scrive le prime storie della serie regolare dedicata al personaggio più famoso degli X-Men: Wolverine, ma nel 1991, abbandona la Marvel a causa di divergenze con la dirigenza.
Dopo una parentesi alla DC Comics, la storia casa editrice rivale della Marvel, ritornerà a scrivere per quest’ultima, prima ai Fantastici Quattro e poi di nuovo agli X-Men.
Dall’alto della sua esperienza, oggi Claremont può permettersi di collaborare anche alla nuova edizione in videogioco degli X-Men e dare paterni giudizi sulle versioni cinematografiche.
Come è cambiato il suo lavoro e il mondo dei comics da quando lei ha cominciato la sua carriera di sceneggiatore?
Quando ho iniziato a scrivere, molti erano convinti che il fumetto fosse un fenomeno in via di estinzione. Eppure, in quel periodo, parliamo dell’inizio degli anni Settanta, bisognava vendere minimo novantamila copie per evitare la chiusura di una collana. Oggi, un fumetto che vende novantamila copie entra di diritto nella classifica dei cinque più venduti. Paradossalmente, quindi, oggi si vende di meno, ma i comics sono generalmente più accettati, grazie anche ai film tratti da supereroi come Superman, Batman e l’Uomo Ragno.
Qual è, secondo lei, l’elemento chiave della saga degli X-Men che più affascina il lettore?
La saga degli X-Men ha come elemento chiave l’evoluzione, intesa sia come evoluzione dell’uomo sia come continuo cambiamento, trasformazione della nostra vita. Il mondo e la realtà che ci circondano sono in continuo mutamento: il mondo che conoscevo io da ragazzo è profondamente cambiato rispetto ad oggi. Come autore, anch’io e tutti coloro che partecipano alla costruzione del fumetto, dagli sceneggiatori ai disegnatori, siamo coinvolti in una continua evoluzione di noi stessi e credo che questo sia un dato che in qualche modo traspare dalle storie e sia percepita dai lettori.
Lei scrive da oltre vent’anni le storie per gli X-Men. Quali sono le fonti d’ispirazione per il suo lavoro?
Tutto per me può essere fonte d’ispirazione: dal comprare le scarpe nuove per i miei figli, al pensiero della rata del mutuo da pagare. Il mondo, in generale, con le sue tante culture e le sue innumerevoli mitologie, offre molti spunti per il mio lavoro. Se oggi dovessi creare, ad esempio, una nuova squadra di X-Men, probabilmente troverebbero posto personaggi mussulmani, indiani, cinesi e anche italiani. Ci sono, comunque, persone reali che hanno influenzato la definizione caratteriale e psicologica di molti miei personaggi, come i miei genitori o alcuni miei amici.
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