Curioso percorso editoriale, quello compiuto in Italia da Jacques Spitz, autore francese la cui unica opera sinora pubblicata nel nostro paese era stata L’occhio del purgatorio, proposto da Mondatori in ben cinque edizioni a partire dal 1973, oltre a una edizione in lingua pubblicata nel lontano 1945.
Sembrava quasi che l’odissea dello sfortunato pittore, condannato a vedere sempre più lontano nel futuro, dovesse restare l’unica storia scritta da Spitz tradotta in italiano, quando su Urania sono apparsi due romanzi brevi, riuniti sotto il titolo di Incubi perfetti.
La guerra delle mosche è la storia del confronto tra l’uomo e un insetto molto famigliare che improvvisamente diventa intelligente, minacciando una supremazia che dura da migliaia di anni.
Diffondendo epidemie di ogni tipo gli insetti iniziano a scacciare gli uomini dall’Indocina francese, e poi dai paesi vicini, diffondendosi e riproducendosi in maniera esponenziale, e a nulla valgono i mezzi utilizzati per tenerli a bada.
Dapprima increduli, poi spaventati e infine terrorizzati, gli uomini devono ben presto rendersi conto di trovarsi di fronte a un terribile avversario, che alla forza del numero unisce il ragionamento sino ad allora esclusiva dei bipedi umani.
Le battaglie si susseguono senza sosta, sino a che l’Europa diventa una fortezza assediata, dove ormai si combatte per evitare la fine della specie umana.
L’uomo elastico, scritto sotto forma di diario a due voci, prima quella di un inventore e poi quella di sua figlia, racconta di come una straordinaria scoperta, la possibilità di rimpicciolire o ingrandire a piacimento la materia e gli esseri viventi cambi il mondo come noi lo conosciamo.
Una volta scoperchiato il vaso di Pandora a nulla varranno gli avvertimenti della Chiesa, o i divieti della Corona britannica, non ci sarà più alcun limite ai cambiamenti, il tempo dell’uomo a una sola dimensione sarà finito per sempre.
Alti come un palazzo di cento piani o talmente piccoli da riuscire a penetrare nei segreti dell’atomo, i nuovi uomini domineranno il pianeta, ma cosa rimarrà alla vecchia umanità, dei pochi irriducibili che rifiuteranno di modificare le loro dimensioni?
Spitz ha ambientato i suoi romanzi in un periodo ben preciso, scriveva come se i fatti narrati dovessero accadere il giorno dopo la stampa, nessun remoto futuro per le sue invasioni di insetti o per il processo che rende gli uomini elastici.
Questo, lungi dal costituire un limite, rende i suoi racconti ancora più godibili, niente ingegneria genetica contro le mosche, niente teorie astruse sulla natura della materia, le armi sono getti di petrolio infiammato, gli atomi si possono rimpicciolire o ingrandire senza problemi.
Le premesse di base sono, in entrambi i casi, del tutto assurde, ma Spitz fa presto dimenticare l’improbabilità della situazione, tanto le reazioni umane alle nuove situazioni sono credibili. Romanzi datati, dicevamo, eppure di una modernità assoluta, quasi che il cinismo di fondo dell’autore ci dica “Siete proprio sicuri che l’ingegneria genetica potrebbe salvarvi dalla Mosca sapiens?”.
Viene da chiedersi perché si sia aspettato tanto a riproporre questo scrittore, ironico e tagliente, e soprattutto quando potremmo leggere qualche suo romanzo.
Nato in Algeria nel 1896 Jacques Spitz è uno scrittore, attivo negli anni a cavallo della seconda guerra mondiale, che ha scritto diverse opere di ottimo livello.
Il suo capolavoro è il già citato L’occhio del purgatorio, allucinato viaggio nel futuro delle cose che proietta la vista del protagonista sempre più lontano nel tempo.
Spitz ha attraversato un periodo di inspiegabile oblio ma ora sembra che le sue opere vengano riscoperte e rivalutate.
Jacques Spitz ci ha lasciato nel 1963.
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