— Aspetta — disse lui — c’è qualcosa… — Una pausa. — Liza, sai perché è così importante, la Piramide?Lei ci pensò su qualche secondo. — Credo che ci siamo arrivati insieme — disse.— Sì — disse Brainhope. — Sono state queste tue ultime parole. La Piramide è ricerca, poiché sei obbligato a percorrere tutta la Spirale, per raggiungere la cima. La Piramide... è vita, Liza. Un cammino a spirale che si conclude in un solo punto, sulla sommità.— Forse non si conclude affatto, Marcus — disse lei lentamente. — Forse è solo un nuovo punto di partenza.
Brainhope annuì, in silenzio. Rimasero così, muti qualche altro minuto, curvi sui bicchieri semivuoti, incuranti dei rumori e delle chiacchiere intorno.
— Dev’essere per questo — disse poi Liza.
— Come?
— Lo Specchio, nessuno sa cos’è. Cosa cercano tutti quelli che vengono qui, a Mondo dello Specchio? Il potere, la conoscenza, che cosa? Credo che nessuno abbia mai veramente compreso cosa dovesse o cosa volesse veramente cercare. Ecco perché tutti hanno fallito, forse. Sollevò gli occhi. — E magari tu…
— Io?
Lei scosse il capo. — Non lo so, Marcus. Ho una sensazione strana. — Riabbassò lo sguardo, tornò a fissare qualcosa nascosto nelle profondità di cristallo del suo bicchiere. Fuori, le fotoelettriche montate su altissimi tralicci si accesero come piccoli soli bianchi a illuminare la Piramide, lontana da esse quattro chilometri nella penombra del deserto.
Passò altro tempo ancora, i bicchieri si vuotarono completamente. Brainhope ne fece portare altri due. La luce che entrava dalle finestre e dalle fenditure si trasformò nel chiarore artificiale dei lampioni e delle cellule luminose nelle case. Il loro angolo restò semibuio.
— Liza, ci conosciamo ormai da tre settimane, eppure hai notato quanto poco ci siamo detti, in fondo, l’uno dell’altra? — disse Brainhope.
— Non se n’è presentato il bisogno.
— Siamo così simili, è vero. Eppure sento che non mi basta più.
— Cosa posso dirti in più, di me? Raccontarti la mia vita, magari? Non ti servirebbe.
— No, ma...
— Sei della Terra? — sparò lei.
— Sì.
— La Vecchia Patria, eh? Non poteva essere altrimenti. Solo sulla Terra siete ancora attaccati ai formalismi, alle frivolezze, alle romanticherie, a tutte le piccole cose inutili.
— Tu da dove vieni?
— Siamo anche vicini di casa. Sono di Proxima.
Brainhope e Liza erano seduti di fronte, alle due estremità del tavolino rotondo. Nei giorni passati insieme, Brainhope aveva imparato a dominare l’irrequietezza che riceveva dallo sguardo di lei, e lo sostenne anche ora. Allungò una mano, le sfiorò i capelli.
— Vuoi fare all’amore con me? — domandò Liza.
— Perché?
— Potremmo darci qualcosa, qualcosa che non potrebbero dare le semplici parole.
— Questa è un’usanza quasi superata, sulla Terra.
— Lo dimenticheremo.
— Non sono sicuro...
— Non preoccupartene. Quando sarà il momento sono certa che saprai esattamente cosa fare. Io sarò lì, Marcus. Ti aiuterò.
Si alzò in piedi, staccandosi dalla carezza di lui. Dopo qualche secondo, indeciso, Brainhope si alzò a sua volta e la seguì. Liza pagò il conto, si girò ad attenderlo sull’ingresso. Fuori brillavano i lampioni e le insegne, creando chiazze di luce ambrata sul lastricato metallico. Non c’era luna. La brezza soffiava più intensa, portando granelli di sabbia e polvere. Avevano dimenticato le tute termiche.
— Fa freddo — disse Liza.
Lui la strinse tra le braccia. Insieme, si diressero verso la Torre Est.
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