Avete visto Pearl Harbor? Esatto, il polpettone storico romantico di Micheal Bay, prodotto da Jerry Bruckheimer, un nome una garanzia. Proprio quello lì. Ora togliete l’odiosa crocerossina, ripulite i cuori dei piloti dalle intricate distrazioni amorose stile Beautiful e preparatevi a un’overdose di dogfight, più qualche variazione sul tema aeronautico della Seconda guerra mondiale, tanto nei cieli del Pacifico quanto sopra i paesaggi di mezza Europa. Avrete più o meno davanti Blazing Angels: Squadrons of WWII, una delle novità UbiSoft della stagione. Ovvero come l’editore francese presenta al pubblico un discorso anticipatore sulla direzione artistica. In particolare, a caratterizzare Blazing Angels è l’attento studio sulla fotografia, che impreziosisce uno sparatutto aereo 3D altrimenti piuttosto convenzionale. Sparatutto e non simulazione, campo quest’ultimo dove peraltro UbiSoft ha raggiunto risultati eccellenti con la straordinaria serie IL-2 Sturmovik di 1C: Maddox.

In Blazing Angels non bisogna invece preoccuparsi di una gran quantità di fattori, a parte puntare il muso sull’obbiettivo e dar fuoco alle mitraglie. Addirittura, l’aeroplano è in grado di rigenerarsi da solo, passando in un battito di ciglia da un ammasso fumante di lamiere bucherellate a un lucente Spitfire appena uscito dalle catene di montaggio britanniche. Caccia e bombardieri sono offerti in abbondanza. I giocatori più abili potranno pilotarne oltre quaranta, tra modelli veri e propri e semplici livree, a patto di superare precisi requisiti nel caso dei pezzi extra. Nessuno comunque vieterà di svolazzare a bordo del glorioso P-51 Mustang americano, della fortezza volante B-17, degli agilissimi Zero giapponesi o dei micidiali Messerschmitt della Luftwaffe. Alcuni degli articoli su cui si passeranno le ore nelle varie modalità di gioco, single e multiplayer.

La campagna in solitaria propone un viaggio di una ventina di missioni attraverso teatri tristemente famosi come Pearl Harbor, Midway, Berlino fino a sortite tra i deserti del Nord Africa e all’ombra della Torre Eiffel, del London Bridge e di Notre Dame. Accanto ai più classici dogfight, i duelli aerei che in Blazing Angels giocano la parte del leone, ci sono momenti che privilegiano l’attacco di bersagli a terra, di navi o la difesa di determinate postazioni, con e senza wingman (i compagni d’ala gestiti dall’intelligenza artificiale via menu). Ma la varietà del costituente e del costituito non sono gli elementi più riusciti dello sparatutto UbiSoft, che si traduce presto in un arcade poco sorprendente, amante del reiterarsi indefesso della solita particella di azione. Che può tuttavia trasformarsi in qualcosa di mastodontico, quando il cielo si riempie di decine di bersagli vicini al centinaio.

É in questi lunghi istanti che la direzione artistica di Blazing Angels, attenta a ogni filtro grafico da pellicola, esercizio sul colore e sulla luce, si fonde con il ritmo caotico delle scene infuocate di Pearl Harbor, costruendo su una manciata di quadri di sceneggiatura l’inizio, la fine e il durante del suo digital entertainment. Un film di guerra interattivo messo in fermo immagine. Un’idea tratteggiata, magari un domani da approfondire, facendone un kolossal piuttosto che l’odierno blockbuster primaverile. Insaporendo, oltre la pregiata fotografia, il fluido un po’ annacquato, che scorre dentro il primo raid cinematografico di uno sparatutto chiassoso della vecchia scuola.