raccontata da Riccardo Valla
Storia della fantascienza
La storia della fantascienza, dall'epoca di Verne e Wells fino all'era del cyberpunk, è affascinante. Riccardo Valla, uno dei maggiori esperti italiani, ce la racconta un po' per volta, in ordine sparso.
Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto come Hugo Gernsback giunse in America e come approfittò delle sue riviste di divulgazione scientifica per pubblicare il tipo di storie che lo aveva appassionato fin dalla gioventù: quelle che leggeva nei libri di Verne, "affascinanti avventure romanzesche intimamente mescolate a dati scientifici e visioni profetiche". Verso la metà degli anni 20 provò a pubblicare un intero fascicolo della sua rivista Science and Invention dedicato alla fantascienza e nel 1926 si decise al grande passo: una pubblicazione mensile di "scientific fiction"; nell'aprile di quell'anno uscì infatti Amazing Stories, diretta da lui e da T. O'Conor Sloane. Questi era un settantenne un po' leggero di testa (per esempio, perdeva i dattiloscritti, li teneva per quattro anni nel cassetto e poi non li pubblicava più perché erano invecchiati), autore di opere di divulgazione scientifica e piccolo inventore in proprio, e continuò a dirigere la rivista anche quando essa passò a un altro editore; secondo Lowndes tendeva a scegliere storie più avventurose, mentre Gernsback voleva storie più "profetiche", ossia racconti con lunghe descrizioni scientifiche.
Gernsback e la scienza Il rapporto tra Gernsback e la scienza meriterebbe uno studio approfondito, perché finì per dare l'impostazione ideologica ai successivi cinquant'anni di fantascienza: anni di ottimismo sulle "magnifiche sorti e progressive" che ci riserverebbe il futuro, in contrapposizione con le visioni di autori dell'antiutopia come Huxley e Orwell. Il suo romanzo Ralph 124C 41+ è singolare per la sistematica introduzione di apparecchiature meccaniche allo scopo di fare cose che si compiono benissimo con i mezzi che la natura ci mette a disposizione; per avere un quadro più vasto occorrerebbe però analizzare anche le sue invenzioni e le sue riviste di divulgazione scientifica. Certe invenzioni di Gernsback hanno un che di agghiacciante; per esempio una macchinetta per i sordi, che permette di "ascoltare i suoni attraverso i denti". Una sorta di altoparlante da appoggiare ai denti: pensiamo solo a quelle vibrazioni, roba da far accapponare la pelle! Eppure, Gernsback, serio, la presentava come un'invenzione umanitaria e da buon giacobino della scienza non era neppur lontanamente sfiorato dal sospetto del ridicolo.
La scienza era per Gernsback una sorta di religione salvifica, un miglioramento indiscutibile rispetto alla natura. Lasciando da parte le considerazioni sulla natura ottocentesca di questa posizione, è interessante notare come l'opposizione scienza/natura sia esaltata in tutta la fantascienza che deriva da lui. Guardando le copertine delle prime annate della rivista si notano molte scende di lotta tra uomini e dinosauri o insetti giganteschi, uomini isolati dall'ambiente esterno, grazie a "contenitori" come le tute spaziali, le astronavi e le città chiuse sotto le cupole trasparenti. Il discorso che si potrebbe fare è un po' troppo complesso per un semplice box, ma sono chiari l'assenza di una vera integrazione tra l'uomo e la natura, il ripudio del "naturale" e la fede nell'artificiale.
Quanto alle storie che si proponeva di pubblicare, Gernsback aveva citato nell'editoriale del primo numero i tre autori a cui si ispirava, ma non si dilungava sul motivo della scelta (perché Poe e non Irving, e perché non Griffith, che ai suoi tempi era più famoso di Wells?) e si limitava ad annunciare che avrebbe pubblicato Verne e Wells, molte opere dei quali erano ancora inedite negli Stati Uniti.
Il programma era ambizioso e costituiva davvero un netto miglioramento rispetto alla fantascienza che si pubblicava sulle riviste dell'epoca, una produzione divisa tra le avventure degli inventori ragazzini e quelle di eroi alla Fenimore Cooper ambientate non più tra gli indiani d'America ma tra razze umane di altri pianeti. Infatti il proponimento di Gernsback equivaleva nientemeno che a unire l'aggancio giornalistico alla realtà di Poe, la precisione meccanica e geografica di Verne, lo studio di Wells sui caratteri della società contemporanea, e con l' "Età d'Oro" degli anni 40 si ebbe infatti qualcosa di simile. Tuttavia si ha l'impressione che Gernsback e Sloane, nell'annunciarlo, avevano fatto il passo più lungo della gamba, dato che non c'era nessuno che scrivesse quel tipo di storie, e soprattutto alle tariffe ridicole di Gernsback.
Attenzione perché qui parte il pettegolezzo. Non è che Gernsback godesse di buona fama, dato che era noto per pagare poco e tardi; Lovecraft lo definiva "Hugo il Sorcio" e i suoi traduttori gli passavano le traduzioni a una puntata la volta, per farsi pagare almeno quella precedente. Nello stesso tempo sembra che Gernsback si assegnasse uno stipendio molto alto, prendendolo dalle casse della società. La tariffa pagata agli autori pare fosse un quarto di cent a parola; a un rapido conteggio, per un romanzo di 200 pagine pagava un centinaio di dollari di allora. Le riviste dell'epoca costavano 10 o 15 cent (quelle di Gernsback 25 cent, però): perciò, calcolando che una rivista equivalga a un po' più di un fumetto attuale, un dollaro di allora dovrebbe avere un potere d'acquisto pari a trentamila lire. Gli altri editori pagavano quattro volte tanto.
Questi aneddoti tendono a trasformarsi in accuse, e in genere dalle accuse si finisce per attribuire a Gernsback la "ghettizzazione" della fantascienza, ossia il fatto che la fantascienza finisse relegata sulle riviste specializzate, mentre prima era pubblicata nelle riviste pulp "generaliste" e in libri rilegati. Il discorso è questo: Gernsback pagava poco e dunque pubblicava opere che valevano poco - le opere scartate dagli altri, i romanzi scritti in fretta e gli autori dilettanti - cosicché gli unici che leggessero le sue riviste erano gli adolescenti, e così la fantascienza si è fatta la fama di narrativa per adolescenti.
Per capire la verità di queste accuse bisogna vedere effettivamente cosa pubblicassero Gernsback e Sloane. Il primo numero conteneva Hector Servadac di Verne, Il nuovo acceleratore di Wells e Il caso del signor Valdemar di Poe e la formula Verne, Wells e Poe prosegue per qualche numero. Successivamente, in un primo tempo, i nomi che più di frequente compaiono sulla rivista sono quelli di Serviss e Verrill, Garrett P. Serviss era un giornalista americano specializzato in astronomia, che nel 1898 aveva scritto un seguito della "Guerra dei mondi" e nei dieci anni seguenti aveva pubblicato varie storie di fantascienza, tra cui la più nota è "The Second Deluge" in cui la Terra è inondata da una cometa; A. Hyatt Verrill era un naturalista ed esploratore, autore di alcune storie di razze perdute in cui metteva a frutto le sue conoscenze del Sudamerica. Qualche mese più tardi inizia il recupero di nomi noti ai lettori dei pulp come Abraham Merritt, Murray Leinster, Ray Cummings e Edgar Rice Burroughs. E - a parte Verrill - i nuovi autori lanciati da Gernsback cominciano ad apparire solo dopo un paio d'anni, quando esordiscono sulla rivista Buck Rogers, Keller ed E.E. Smith. Il primo era il protagonista di un racconto di Nowlan ed è famoso perché ha ispirato l'omonimo fumetto; con Keller abbiamo finalmente un vero scrittore (Box 2), ma con E.E. Smith si ha effettivamente il tipo di narrazione che Gernsback cercava senza saperlo.
David H. Keller David H. Keller era un medico nato nel 1880, con alle spalle lavoro in ospedale, attività di medico condotto e anche pratica come psicologo. Verso il 1928 cominciò a scrivere racconti per Weird Tales e per Amazing Stories e continuò a scriverne per una quarantina d'anni, in una calligrafia regolare e precisa, ma di getto, senza ricorrere alle sottigliezze dei narratori professionisti, e perciò gran parte delle sue storie parte da un'idea assai felice ma la sviluppa nel modo più ovvio. A grandi linee, la sua produzione rientra in tre filoni: le storie di fantascienza "sociologica", come "La rivolta dei pedoni" in cui si immagina che in futuro sia proibito muoversi a piedi, perché i pedoni intralciano le automobili, o "Le mani della dattilografa" in cui per le necessità di una grande industria si crea una sottorazza umana ultraspecializzata nel dattilografare; in questo filone, un tema a cui Keller ritorna molte volte è quello del rapporto tra i genitori e i figli in una società futura in cui lo stato provvede completamente all'istruzione dei bambini, fin quasi dalla nascita. Un secondo tipo di storie ha uno sfondo giallo e in genere contiene accenni a qualche nuova scoperta scientifica; un terzo tipo sono le storie d'orrore, alcune delle quali fanno perno sui rapporti familiari e risultano estremamente efficaci, come "Il tappeto di linoleum" e "La cosa nella cantina". L'importanza di Keller sta nell'avere ripreso il tipo di racconto che caratterizzava Wells - la reazione di personaggi relativamente comuni a un ambiente diverso - senza limitarsi a copiarne gli spunti più appariscenti; in questo senso anticipa la scuola di Campbell sulla rivista Astounding di dieci anni più tardi.
L'importanza di Smith non sta solo nell'avere presentato per la prima volta i viaggi ad altre stelle, ma nell'avere mostrato come fondere tra loro la scienza di Gernsback e l'avventura dei pulp, rispettando nello stesso tempo il classico tipo di storia di inventori. Queste storie erano iniziate il secolo prima presentando i "robot a vapore delle praterie" ed erano continuati all'inizio del secolo con i "vascelli elettrici volanti", ma nel primo quarto di secolo avevano ormai descritto tutto quello che si poteva inventare e davano un senso di déjà vu. La trovata di Smith per rinnovarne gli exploit è semplice e geniale come l'uovo di Colombo e consiste nel prendere la storia classica dell'inventore alla Edison, ma di fargli scoprire un'intera scienza inesistente o impossibile. In questo modo l'invenzione diventa solo una scusa e l'autore è libero di sfogare la propria immaginazione. Per i quattro o cinque anni successivi, le storie di super-scienza di Smith furono la principale novità della fantascienza.
Tornando a Gernsback, presto affiancò alla rivista mensile un'altra rivista trimestrale (Amazing Stories Quarterly, che nei primi numeri pubblicò uno dei romanzi marziani di Burroughs e Quando il dormiente si sveglierà di Wells), ma all'inizio del 1929 la sua società passò in amministrazione controllata e Gernsback ne perse la proprietà. Moskowitz, nella sua storia della fantascienza, ha sempre dato una versione di questi fatti favorevole a Gernsback, ma dall'esame dei documenti dell'epoca risulta che Gernsback aveva contratto grossi debiti installando una stazione radiofonica e per fare fronte a quei debiti non pagava i fornitori delle riviste. Grazie all'amministrazione controllata e alla cessione delle varie attività, comunque, nel giro di un paio d'anni i debiti vennero pagati. Ossia, le imprese erano abbastanza sane, la gestione di Gernsback molto meno.
Come reagì Gernsback alla perdita della rivista? Fondandone immediatamente non una, ma tre in diretta concorrenza con essa e inventando un nuovo termine per distinguere il tipo di fantascienza che avrebbero pubblicato: "science fiction" invece del precedente "scientifiction". Le riviste erano dedicate ad avventure aviatorie del futuro e ad avventure scientifiche del futuro e si chiamavano rispettivamente Air Wonder Stories e Space Wonder Stories, a cui si aggiungeva il supplemento trimestrale Science Wonder Quarterly. Questa situazione durò circa un anno, poi Gernsback si accorse che le riviste si facevano concorrenza tra loro e le riunì sotto la testata Science Wonder Story. Gli autori erano quelli che già scrivevano per Gernsback, le copertine di Frank R. Paul erano tra le più belle cose che si siano viste in un'edicola (Box 3). Una citazione meritano un'altra rara rivista del gruppo, Scientific Detective Monthly, che presentava gialli a sfondo scientifico (molte di quelle storie erano scritte da Hamilton) e Science and Mechanics che - anche se dedicata alla divulgazione scientifica - presentava copertine di Paul con spunti fantascientifici. Dopo alcuni anni, però, "Wonder" non riuscì più a reggere alla concorrenza e Gernsback la cedette a un altro editore; solo verso il 1950, quando ormai si limitava al più lucroso lavoro di editore di riviste settoriali, Gernsback tornò a pubblicare una rivista, "SFPlus", che però non ebbe una buona accoglienza.
Gernsback pubblicitario di se stesso E' curioso andare a vedere i blurb che Gernsback scriveva sulle copertine di Wonder:
Mystery, Adventure, Romance (aprile 1930)
The Magazine of Prophetic Fiction (agosto 1930)
Adventures of Future Science (maggio 1931)
The Best in Science Fiction (maggio 1934)
The Best in Imaginative Fiction (dicembre 1935).
Esaurito questo excursus sulle attività di Gernsback, possiamo riprendere in esame la domanda con cui eravamo partiti: Gernsback ha mantenuto le promesse con cui lanciava la prima rivista di fantascienza o ha chiuso la fantascienza in un ghetto?
La caratteristica di Gernsback è stata soprattutto quella di insistere sulla componente scientifica delle storie, a cui nessuno badava prima di lui. Naturalmente, riusciva ad averla solo occasionalmente, anche se si ironizza su di lui dicendo che per pubblicare un racconto voleva che ci fosse qualcosa di brevettabile. Le sue scelte iniziali, orientate su Verne e Wells, hanno presentato opere di questi autori che non apparivano sui pulp, e molte delle sue ristampe di altri autori hanno rimesso in circolazione ottime opere. Ha spinto Burroughs a scrivere storie più scientifiche di quelle che scriveva in precedenza, ha pubblicato Keller senza intervenire a snaturarne il modo di scrivere, ha capito subito il preciso valore di Smith e del suo filone, dopo che il romanzo era stato scartato da varie altre riviste. E' chiaro che se prendiamo uno dei suoi fascicoli troviamo un mucchio di storie di scarso valore, ma lo stesso vale per la rivista Astounding di Campbell e per la Galaxy di Gold. Perciò, tutto sommato, ci pare di poter concordare con i sostenitori di Gernsback, come Sam Moskowitz, anziché con i suoi detrattori. Quanto al "ghetto", il passaggio dalle riviste pulp generaliste a quelle specializzate non tocca solo la fantascienza: la specializzazione giungeva al punto che esisteva persino una pubblicazione speciazzata in storie di eroici salvataggi da incendi, e Gernsback si è limitato a seguire la tendenza generale. Si può ipotizzare come sarebbe stata la fantascienza senza di lui: probabilmente sarebbe sorta un paio d'anni più tardi una rivista di avventure fantascientifiche, ma senza il legame con Wells che ha portato a Keller e all'Età dell'Oro, e non vi sarebbero state pubblicazioni capaci di ospitare Smith, con una conseguente limitazione delle immagini della fantascienza.
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