In Viewtiful Joe convivono tre grandi passioni: cinema, fumetti e videogiochi. Tutte mischiate assieme con le forme e i colori degli States e del Sol Levante, dei manga e dei comics, di Godzilla e di Guerre Stellari, del sushi e degli hamburger. Ciò avviene naturalmente anche per l’ultima esposizione della serie, che si fa piccolina e si dispone sui due schermi della console portatile Nintendo DS. Ma mentre negli episodi passati, il mitico capostipite e il capitolo successivo per GameCube e PlayStation2, l’anima del gioco era il kung fu del supereroe, un omaggio ai picchiaduro a scorrimento della vecchia scuola, con Viewtiful Joe Double Trouble l’asse si sposta verso una corsa a enigmi, inframmezzata da qualche scazzottata. Intendiamoci, la storia raccontata da Clover Studio su Nintendo DS è e resta un titolo di azione spettacolare e ben recitato. Solo che, piuttosto che far menare le mani esponenzialmente al giocatore, per la maggior parte del tempo Double Trouble chiede di spremere le meningi e capire come superare quell’ostacolo che blocca l’accesso alla tal sezione dell’avventura.

 

Niente di tremendamente complicato e da non dormirci la notte. C’era, in misura minore, pure negli altri Viewtiful Joe. Si tratta di indovinare il potere giusto per ogni situazione e, se proprio si fosse distratti, il gioco viene in aiuto con tutta una serie di suggerimenti, diretti e indiretti. Si diceva: i poteri. Viewtiful Joe è pensato per quei giocatori che hanno già familiarità con la saga, che narra le gesta di un ragazzino impertinente, Joe, con al polso un orologio delle meraviglie in grado di trasformarlo nel più fantastico dei supereroi, Viewtiful Joe, avvolto in una strabiliante tutina rossa di lycra. La particolarità del personaggio è che non combatte il male dove lo fanno i comuni mortali, ma dentro al cinema. Letteralmente il mondo del cinema, quello impresso sulla pellicola di celluloide, all’interno della quale si sviluppa anche la nuova avventura, un altro giro di walzer nel paese dello straordinario alla Last action hero (il lungometraggio di John McTiernam con Arnold Schwarzenegger). Stavolta lo punto è dato dalla pizza del film sulla vita di Captain Blue, il panciuto mentore di Joe, rubata a Cinelandia, un parco tematico su Hollywood e dintorni, da una allegra combriccola di cattivoni.

 

I superpoteri Vfx su cui potrà fare affidamento il nostro eroe per risolvere la faccenda sono cinque e si integrano favolosamente con la natura tattile del DS e lo spirito del gioco, il suo intrufolarsi nel cinema, un po’ meno con l’idea di comodità ed ergonomia quando bisogna usarne più insieme contemporaneamente e velocemente. Il primo è la capacità di rallentare il tempo (pensate a Matrix), che tra i vari effetti porta a schivare automaticamente i proiettili, quando non addirittura a deviarli addosso ai nemici, e a molteplici conseguenze sulle meccaniche del paesaggio. Il secondo è lo scratch, grattare, quello che si fa col dito sullo schermo inferiore del DS per far tremare il mondo virtuale in esso contenuto, provocando la caduta libera di oggetti e personaggi. Il terzo è lo split, dividere, e consiste nella scomposizione e ricomposizione degli elementi dello sfondo tipo Tom Cruise in Minority Report, traslando con le mani la metà destra dello schermo a sinistra e viceversa. Poi c’è lo slide, scorrere, il quarto potere, attivabile col movimento del dito sullo schermo verso l’alto e che permette di eseguire mosse eccezionalmente devastanti, nonché sfruttare il quinto potere, touch, cioè toccare, un’esplosione di interattività, dove pigiare un avversario col pollicione equivale a colpirlo e premere una leva con l’indice ad azionarla. Oltre alle abilità speciali, c’è tutta una sequela di calci e pugni nella miglior tradizione delle arti marziali da fumetto, che insieme all’efficacia ricercano una buona dinamicità estetica.

 

Anche l’umorismo è il solito a cui ha abituato la saga, di quelli che possono rapire per la loro demenzialità surreale, carico di citazioni a tratti semplici da cogliere nelle scenette, altre volte ben nascoste in livelli disegnati ispirandosi a un film (o un genere cinematografico) particolare e poi disseminati di mille dettagli differenti. Proprio lo stile grafico della rappresentazione, fattore caratterizzante dell’intera produzione Viewtiful Joe, pur mantenendosi piacevole anche in questa edizione mignon per Nintendo DS, è forse l’aspetto più debole. Al posto di ristudiare completamente l’estetica del progetto, Capcom ha pensato di riproporre – con il necessario ridimensionamento in basso – le tre dimensioni bidimensionali degli episodi GameCube e PlayStation2, con il risultato che il motore a tratti arranca, ma soprattutto non riesce a restituire la meraviglia visiva degli originali, fini sposalizi scenografici di gusto, tecnica e tecnologia. Forse un’impostazione grafica totalmente bidimensionale, se da una parte avrebbe tradito l’impostazione classica di Viewtifull Joe (che a ragioni storiche somma le ragioni logiche del viaggio nella pellicola), dall’altra avrebbe sicuramente giovato più agli occhi.

 

Ciò nonostante, Double Trouble intrattiene senza fatica per la manciata di ore che servono per concludere l’avventura alle quali aggiungere quelle che, poi, si impegnano per rigiocarla, a caccia di punteggi migliori, come si fa con questo genere di videogame. Il vero cruccio è che nemmeno un piccolo capolavoro così originale - come era Viewtiful Joe ai tempi della prima uscita - ce l’ha fatta a sopravvivere indenne alla mania Capcom della serializzazione in calando. Double Trouble ha ancora le carte in regola per giocare la sua partita, si differenzia dai fratelli e porta in campo nuove idee, ma mostra al contempo i germi della crisi, uno smalto un po’ opaco. La speranza è che Clover Studio non si perda per strada e che, se Joe verrà chiamato a vestire di nuovo la tutina rossa, sia per una missione indimenticabile. Da un grande personaggio come lui derivano grandi responsabilità.