L’attesa è spasmodica: il prossimo 26 maggio uscirà in tutte le sale italiane X-Men: The Last Stand, l’ultimo capitolo cinematografico della saga a fumetti dei Mutanti della Marvel.

Il dottor Xavier e i suoi seguaci, fedeli al concetto di tolleranza, si troveranno ancora una volta a dover combattere contro l'ostile Magneto e il suo esercito di mutanti ribelli che si è arricchito di una nuova terribile alleata: la Fenice Nera, ovvero la rediviva Jane Grey passata dall'altra parte della barricata...

Esattamente una settimana prima, il 19 maggio, chi non saprà resistere, potrà consolarsi con il videogioco, che sarà disponibile per le piattaforme PlayStation 2, Xbox, GameCube, PC, Xbox 360, GameBoy Advance e Nintendo DS.

X-Men: The Official Movie Game, questo il titolo scelto dalla Activision per lanciare il game, è stato scritto da Zak Penn, lo sceneggiatore di X-Men 2 e del prossimo film, e Chris Claremont, il leggendario scrittore della saga a fumetti, colui che ha cambiato i connotati e ha aperto nuovi orizzonti ad una delle serie di supereroi più importante della storia dei comics.

All’ombra del Vesuvio, nella cornice del Comicon, il Salolone del fumetto e dell’animazione di Napoli, abbiamo intervistato Claremont sul rapporto tra fumetti e videogiochi.

Come è stata l’esperienza di scrivere per un videogioco?

Scrivere per il videogame è stata un’esperienza molto istruttiva. Ho imparato molto, soprattutto su cosa può e non può funzionare per questo tipo di media. Ad esempio, nella sceneggiatura per il videogioco, avevo inserito delle bellissime scene d’amore tra Wolverine e Jean Gray, ma i responsabili della Activision mi hanno giustamente fatto notare che non c’erano i giocatori per questo tipo di scene e, quindi, le scene sono state eliminate.

Ci può dare qualche anticipazione sul videogioco?

Il gioco è un preludio al terzo film e può essere usato come collegamento tra quest’ultimo e il secondo film. Ci sono molte scene d’azione, ma la cosa interessante è che il gioco permetterà di vestire i panni di Wolverine, Nightcrawler e Iceman, immergendo i giocatori in una avvincente trama che darà loro modo di utilizzare tutti i caratteristici ed unici poteri dei mutanti, in ambientazioni uniche create per mostrare le loro abilità di supereroi.

Inoltre, il gioco farà luce su alcuni elementi chiave ancora ignoti, rivelando ad esempio alcuni dettagli circa la scomparsa misteriosa di Jason Stryker, nonché le ragioni della misteriosa assenza di Nightcrawler dal film. L’intenzione era quella di offrire qualcosa in più e se possibile di diverso rispetto alla storia del film.

Quali differenze, dal punto di vista narrativo, ha trovato nello scrivere per un fumetto e un videogioco?

La più grande differenza è che nel fumetto non c’è un budget a cui bisogna attenersi: uno scrittore come me ha un’idea, il disegnatore la realizza e la Marvel la pubblica. Nella realizzazione di un videogioco, quando io ho un’idea ci sono poi circa venticinque persone che devono scrivere milioni di linee di programmazione per realizzare il videogioco e se cambio idea, tutto il lavoro fatto deve essere buttato via. Il lavoro di revisione del testo, quindi, comincia molto prima nel videogioco rispetto al fumetto e soprattutto è molto più esigente. Nel fumetto, invece, quando il lavoro è fatto bisogna utilizzare, in qualche modo, tutto quello che hai prodotto.

Secondo lei, i videogiochi possono essere considerati un evoluzione del fumetto o sono semplicemente un altro strumento di diffusione per i comics?

Per me sono vere entrambe le cose. Non c’è dubbio che i comics possono trarre una

conoscenza ed una diffusione maggiore presso il pubblico più giovane, grazie ai videogame. Lo stesso accade con i film. I fumetti tratti da Spiederman, X-Men e altri hanno conosciuto un’impennata nelle vendite grazie alle rispettive trasposizioni cinematografiche.

I videogiochi orientati maggiormente all’azione, possono influenzare il modo di scrivere e il disegno dei comics?

Dipende dal tipo di fumetto. Ci sono comunque limiti in entrambi le forme. Il videogame non permette un’elaborazione profonda del personaggio dal punto di vista psicologico. Nel fumetto, l’azione è ricreata dalla nostra mente del lettore, che lega fra loro i disegni. Nel videogioco, invece, è il programmatore a decidere a priori quali movimenti può fare un personaggio. Quando giocavo con il videogame di Star Trek, cercavo di far fare ai personaggi quello che volevo, ma in realtà non potevo decidere molto. Negli ultimi cinque anni, comunque, c’è stata un’evoluzione profonda dei videogiochi che non sappiamo a quali nuove possibilità di gioco ci porterà.