I romanzi di Philip K. Dick  presentano tutti le molte sfaccettature dell’animo umano, ipotizzando situazioni estreme e molto spesso prendendo per esempio un piccolo gruppo di persone oppure una piccola comunità. I suoi romanzi anche a distanza di oltre quarant’anni possono essere magari un poco “stagionati” ma, cosa importantissima, non sono assolutamente invecchiati.

Il romanzo Cronache del dopobomba fu pubblicato in Italia nel 1965 e per molti lettori che già conoscevano questo autore fu un pugno nello stomaco. La descrizione di un mondo post catastrofe nucleare, di persone focomeliche (non dimentichiamo che all’epoca c’era la tragedia della talidomide con i suoi effetti teratogeni) e di un povero astronauta bloccato per sempre nello spazio, lasciarono e lasciano tutt’ora l’amaro in bocca.

Dalla quarta di copertina: Che cosa accade dopo la fine del mondo? Cosa avviene quando la Bomba — quella di cui tutti parlavano dal 1945 — viene finalmente lanciata?

Apparso nel 1963, Cronache del dopobomba narra il mondo dopo il lancio dell’ordigno che ha messo in ginocchio l’umanità, cancellando dalla faccia della terra città ed esseri viventi.

I sopravvissuti non sono più uguali a prima, ma rappresentano l’embrione di una stirpe che ha innestato sulle malinconie di una civiltà al crepuscolo il vitalismo confuso di una razza agli albori, che deve inventare il proprio futuro. L’intero pianeta viene rappresentato da una piccola comunità californiana, in cui i superstiti vivono aggrappati alle onde radio che provengono dallo spazio. Il loro profeta è Walt Dangerfield, l’astronauta rimasto bloccato in orbita prima della catastrofe atomica, e che dal cielo trasmette alla Terra nastri musicali e pedagogici.

Cronache del dopobomba di Philip K. Dick (Dr. Bloodmoney or How Got Along After the Bomb, 1965), traduzione di Maurizio Nati, Fanucci Editore, collana Collezione Dick,  pag. 293,  euro 14,00.