che ai cugini Goldrake e Mazinga, Devilman ha generato nel 1998 una riedizione femminile. Devil Lady, questo il nome della nuova arrivata, è un'insegnante sottoposta dal padre a una mutazione del DNA tale da conferirle il potere di difendere la Terra dai feroci Devil Beast. Anche in questo caso, unghie e artigli, allegri squartamenti, sangue e budella a profusione, insomma qualcosa di fondamentalmente diverso dal Nagai disegnatore per ragazzi che credevamo di conoscere.
Però... E' il caso di azzardare una riflessione, del resto suggerita dalla disposizione delle tavole della mostra. E' sbagliato pensare all'amore per l'horror come sviluppo successivo del percorso artistico di Nagai. Devilman è del 1972, dunque contemporaneo a Mazinga... La verità è che lo stesso nonno Mazinga e i suoi allegri compagni di merende, a guardarli bene, rivelano tutti gli incubi horror dell'autore giapponese. Perché mai, infatti, robot spaziali dovrebbero sfoggiare corna, aculei, creste e speroni, occhi gialli, teste di drago e ali da pipistrello? Perché i nemici del genere umano dovrebbero presentare caratteri somatici demoniaci, aberrazioni sessuali (pensiamo al Barone Ashura, primo bisex della storia dei fumetti) e altre amene deformazioni? Perché questa autentica ossessione per popoli malvagi nascosti nelle viscere della terra, in spelonche o città sotterranee di dantesca memoria?
La verità è che Go Nagai ha coerentemente continuato a vendere le sue nevrosi (per dirla alla Stephen King) sia quando disegnava robottoni giganti che quando, più sinceramente, trattava di diavoli e di mostri. Se non ce ne siamo mai accorti è perché, in fondo, lui è stato il primo a presentarci colossi d'acciaio in forma umana: li abbiamo visti con le corna, e abbiamo accettato il fatto come se rientrasse nell'ordine naturale delle cose. Non era così.
Le tavole della mostra, bontà loro, rivelano questa penultima verità in una interessante sequenza che mostra l'evoluzione del personaggio di Mazinga nei manga più recenti, opere dai toni sempre più mistici: God (sic!) Mazinger, Mazinsaga e Mazinkaiser (no, non si tratta di una marca di birra, è proprio il titolo di un recente manga di Go Nagai!).
Forse non sapevate che...
Spulciando tra le "chicche" offerte dalla mostra, abbiamo spolverato qualche nozione sepolta dalla sabbia dell'oblio. Le riportiamo per comune diletto, in modo da mettere alla prova la vostra memoria. Siate sinceri con voi stessi: lo sapevate? Lo Jet Scrander (di cui alla mostra viene presentato qualche spaccato tecnico) non è il nome del nuovo aspirapolvere pneumatico della Moulinex, bensì l'ala volante di Mazinga Zeta.
Hiroshi Shiba (il ragazzo che si trasforma in Jeeg Robot) ha una campana di bronzo innestata chirurgicamente nel... no, scellerati blasfemi, non nel cervello! ...nel cuore.
Il nome originario del personaggio di Actarus è Daisuke. In generale, tutti i nomi originari dei personaggi del fumetto Atlas Ufo Robot sono stati convertiti (nella traduzione) in nomi di stelle (Arcturus, Rigel, Alcor, Mizar, Vega ecc.)
Gattiger e Roboizer non sono i nomi delle nuove berline della Mercedes, bensì i prototipi (abbandonati) di quello che poi sarebbe diventato Goldrake.
L'idea originaria dei robottoni venne a Nagai durante un ingorgo stradale. Bloccato dal traffico, egli immaginò che alla propria automobile spuntassero degli arti meccanici che gli permettessero di liberarsi. Tornato al suo studio, il nostro bravo ometto disegnò il primo prototipo dei suoi eroi d'acciaio.
Settei, in giapponese, vuol dire "rodovetro"... Bene, ma che diavolo (anzi che DevilMan) vuol dire "rodovetro"?
Conclusioni
Terminato il periplo della mostra, tutto sommato ci sentiamo più delusi che soddisfatti. E' vero, abbiamo visto molto materiale inedito (schizzi, disegni preparatori, prototipi e vecchie versioni abbandonate dei personaggi famosi), abbiamo capito qualcosa in più sulla psicologia di Go Nagai, abbiamo rinverdito ricordi di quando andavamo in giro con i calzoni corti. Però... Mah, non lo sappiamo. Forse speravamo in qualcosa in più. Sarebbe stato troppo pretendere la presenza del maestro (magari vestito con un completo da Duke Fleed), ma avremmo voluto almeno parlargli in videoconferenza, o su una chat line. Avremmo voluto rivolgergli qualche domanda che ci portiamo dietro da decenni, ad esempio che tipo di bestemmie lancia Actarus quando, dopo tutti quei chilometri di rampa, trova l'uscita numero sette chiusa con la serranda incastrata. Invece niente. Un netto malumore accompagna i nostri passi quando torniamo verso l'uscita, ove ci attendono i due gnomi giapponesi vetrificati in portineria. A muso duro, pretendiamo indietro il prezzo del biglietto. Con perfidia, i due nani ci fanno osservare che l'ingresso era gratuito. Noi non ci facciamo smontare da simili questioni di lana caprina, e battagliamo. Alla fine, dopo tante insistenze, l'abbiamo vinta. Per ripagarci della delusione, le geishe dell'Istituto di Cultura Giapponese ci intratterranno con il loro rinomato massaggio shiatsu. Ci ritiriamo nei locali adibiti a questo scopo. E se pensate che racconteremo il seguito, cascate male: niente da fare. Vi rammentiamo invece l'ultimo appuntamento della rassegna cinematografica dedicata a Go Nagai: il 10 Maggio, alle ore 19, presso l'Istituto di Cultura Giapponese (via Gramsci 74, Roma) saranno proiettate le più recenti opere del maestro: Getta Robot - The Last Day e Devil Lady. Sono serie datate 1998-1999, dunque "sfornate" di fresco. E sono, è ovvio, rigorosamente in lingua originale. Cosa vi aspettavate, pagani?
Sotto Spirito vi saluta, dandovi appuntamento alla prossima puntata, quando presenteremo i primi risultati del gioco letterario che abbiamo lanciato il mese scorso. Per chi avesse perduto il bando, rieccolo:
"Sotto Spirito" bandisce un gioco letterario aperto alla partecipazione dei lettori. Tale gioco consiste, in breve, nel realizzare dei "pastiche letterari" dichiaratamente ironici, prendendo a modello (e a bersaglio) i più famosi autori SF, anglosassoni e non. Scopo dichiarato del gioco è quello di presentare, pur nel massimo rispetto e ammirazione, in una veste diversa i mostri sacri della fantascienza, sottolineandone certe eccentricità nello stile, i luoghi comuni, le contraddittorietà, le ossessioni e i chiodi fissi. Bonariamente ma senza lesinare sull'ironia, sezioneremo il loro modo di scrivere e li mostreremo, ammiccando di complicità, da un angolazione beffarda, appunto "Sotto Spirito".
Chi tra i lettori abbia voglia di cimentarsi in questo gioco, mandi i suoi pastiche (racconti, brani, anche semplici passaggi) all'indirizzo del curatore, specificando l'autore famoso imitato. Le opere migliori, in particolare le più divertenti, verranno pubblicate nei prossimi numeri di questa rubrica.
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