- Se l'agopuntura funziona, perché i porcospini non campano mille anni? - s'interrogava lei. - E' tutto un complotto. - sancivo io - Il nostro ego si è dilatato psicoticamente, a tal punto che non sappiamo più distinguere dove cominciamo noi e dove finisce la divinità.

- Ma chi è, alla fine, che va in giro a costruire quadrati sull'ipotenusa?

- Forse sono spinti da qualche disperato archetipo subconscio. Lo dice anche l'esagramma I-Ching: sono le linee del tapiro urlante...

- Ahò, proprio buona 'sta Maria Gianna.

- Concordo.

Così passò la prima notte. Fetida e putrida. In senso pre-kantiano.

...

L'indomani mattina, Ceccher era sparito. Trovai l'attrezzatura con cui mio fratello dava il ramato ai filari di Maria Gianna abbandonata accanto alla tavolozza. La tela era completata a metà, e firmata "Dio non c'è: ha lasciato la segreteria telefonica". L'erba (di qualità turca) intorno era putrida e fetida, e odorava di catarro di cammello.

Lo cercai nei campi per tutta la giornata, ma non riuscii a trovarlo. Verso sera rinunciai e andai in paese. Lorena e le altre si stavano esibendo in piazza, di fronte al bar di Mary Uzich. Mi sedetti al tavolino e ordinai il solito. Mary, come sempre, mi portò un bicchiere putrido e fetido, ma quella sera l'accompagnò con uno scontrino fiscale.

Restai a bocca aperta. - C'è... c'è qualcosa che non va, Mary? - balbettai, sconvolto da quella visione del tutto straordinaria.

Lei mi squadrò sospettoso. - Ci conosciamo?

Battei le palpebre. Si era fatta prima del solito, stasera? No, le sue pupille erano normali, anche se le efelidi sul viso si spandevano come macchie di Rorschach.

- Mary, sono io, Leiber. - sbottai - Ti compilo la dichiarazione fiscale da dieci anni, e tu ogni anno vuoi che ti ripeta "IRPEF-ILOR" finché non ti ecciti e cerchi di porchizzarmi. Perché fai finta di non riconoscermi?

- Guardi, non ci siamo mai visti prima d'ora. - ribatté freddamente lei - Mi scambia con qualcun'altra.

- Mary, ma che stai dicendo? - insistetti, mentre un terrore senza nome mi oscurava la mente.

- Il mio nome è Eliane. - mi zittì - Lei è uno psicopatico. Smetta di darmi fastidio e si goda lo spettacolo.

Senza parole, la guardai andar via. Psicopatico io? Che scoperta! Non c'era neanche bisogno di dirle, certe cose... Ma se lei non era Mary, allora chi era?

Vidi Lucas al bancone, intendo a palpare con gli occhi il culo a mandolino di Lorena & socie. Mi avvicinai edipicamente.

- Lucas, qui sta succedendo qualcosa di strano.

- Come? - disse lui, mentre il padiglione del suo orecchio destro oscillava nevroticamente in preda al tic - Parla più forte, non si sente una mazza, con questo cavolo di flamenco.

- Ceccher è scomparso da stamani, e in più Mary...

- Chi è Ceccher? - fece lui, stupito.

- Scherzi? Ceccher, mio fratello!

- Tu non hai fratelli, Julius. - ribatté lui, guardandomi storto.

- Io non mi chiamo Julius!

- Ma certo che ti chiami Julius, Julius! - strillò lui, mentre l'orecchio accelerava le pulsazioni - Com'è vero che qui siamo a Springfield!

- Siamo a Millgate! - esclamai, terrorizzato.

- Tu sei malato, Julius. - commentò lui, compassionevole - Vieni a studio, domani, così ne parliamo. Per il momento, un consiglio: trombati Lorena, stanotte, e vedrai che le tue rotelle torneranno a posto.

Rimasi a fissarlo inebetito... A studio? Quale studio? Lucas faceva il meccanico, l'aveva sempre fatto. Ma era veramente Lucas, quello? E la città, quell'ammasso di casupole putride e fetide che mi circondava, era veramente Millgate? E Ceccher, era veramente mio fratello? E io, chi ero? Ero Leiber? O Julius? Facevo il commercialista, oppure era invece un disadattato patologico e uno psicopatico, in senso post-coital-Junghiano? E Bill Konklin, chi era veramente? E Laura Palmer, chi l'aveva ammazzata? E il gas, l'avevo chiuso davvero? E il frontalino dell'autoradio, l'avevo tolto prima di parcheggiare? Chi aveva letto i miei pensieri mentre marcivano? Mary Uzich? O Giucas Casella? Cosa ne avrebbe detto l'esagramma I-Ching? Ma nove per nove, farà ottantuno?

- Sei il bipede più nevrastenico che io abbia mai conosciuto. - sancì Lorena, quando le raccontai tutto al termine dello spettacolo. - Che t'importa di chi sei? Andiamo a trombare.

Riuscii soltanto a darle ragione. Pre-analiticamente. Ci imbottimmo di Chew-Z, di LSD, di Exa-Dri, di ICE-T e di Anitra-WC. E passammo una notte di fuoco psichedelica.

...

Mi svegliò un violento bussare alla porta. Guardai l'orologio: le sei del mattino. Un'alba putrida e fetida faceva capolino dal riquadro psicotico della finestra edipicamente socchiusa.

- Chi diavolo può essere? - protestai, assonnato.

- Probabilmente Ramon, il mio agente e fidanzato. - sospirò Lorena - Doveva tornare proprio oggi dal safari. E' un maniaco dei fucili e della caccia grossa.

Balzai dal letto, terrorizzato e nudo come un paramecio. - E me lo dici così!?

- Come volevi che te lo dicessi? - ribatté Lorena, accendendosi la prima canna della giornata - Ballando?

- Potevi avvertirmi! - protestai, mentre i colpi alla porta diventavano bombarde.

- Ah, preferisci essere avvertito? Bene, in questo caso, ti avverto che Ramon, quando è geloso, diventa completamente pazzo. Ma, in fondo... - aggiunse, già avvolta dal fumo oleoso - Che significa realmente "pazzo"? Qual è la sua definizione ufficiale? Che cosa intendo, con questa parola? Lo sento, lo vedo, ma che cos'è?

Non ascoltai altro. Con le mutande infilate in testa e la cravatta psicoticamente legata intorno alle caviglie, mi gettai dalla finestra in un tuffo carpiato. Alle mie spalle, sentii che qualcuno buttava giù la porta tra urla disumane. Un attimo dopo, fioccavano i primi pallettoni. Nient'affatto archetipici.

Il mio motorino, bontà sua, si accese al primo colpo. Gli balzai in sella alla bersagliera e mi diedi alla fuga.