Percorremmo la strada gelata a una velocità da ora di punta sul raccordo anulare di Roma, e giungemmo a destinazione quando il cielo era già di un nero pretenzioso.
- Devo presentarmi al Focolare di Tuppeshem. - dissi al nativo
Lui sorrise, ancora un gesto gravido di segreti. - E' troppo tardi: Il Focolare sarà chiuso. Dovrete aspettare sino a domattina.
Frustrata, presi alloggio in una taverna terribile, ove pagai un prezzo esorbitante per una camera agghiacciante. Mi alzai all'alba dopo incubi orrendi. Non che ne ricordassi molto: rammentavo solo una pentola ribollente di folli immaginazioni e nozioni, improvvise visioni e sensazioni tutte pervase da una violenta carica sessuale e grottescamente violente, un ribollire rosso e nero di rabbia, di furia erotica. Ero circondata da enormi pozzi spalancati, bocche d'inferno, ove perdevo l'equilibrio, e cadevo, cadevo...Le forze empatiche e paraverbali erano al lavoro, immensamente potenti e confuse, che sorgevano dalla perversione e dalla frustrazione del sesso. Non so se avete capito ciò che sto dicendo o se stiate già ronfando. Non che mi importi qualcosa, del resto...
Quando il cielo fu chiaro indossai l'uniforme termica, lasciai la taverna e mi diressi al Focolare. Questa volta l'edificio era aperto. Presentai le mie credenziali e chiesi di parlare con il rappresentante della corporazione dei mercanti. Mi condussero in una stanza spoglia, con una certa aria di sfiducia e malinconia aggrappate alle pietre e alle ombre. Attesi in piedi un tempo spaventosamente lungo, e quando stavo già per dare fuoco alle tende finalmente giunse il rappresentante.
Era il nativo del tram. E sorrideva.
Una storia, come narrata dal rappresentante del Focolare di Tuppeshem e raccolta da G.A. Il settimo giorno del mese di Sheney un povero della provincia di Tuerresh partì per chiedere una grazia ai monaci dell'Handdara. Sui suoi logori calzari percorse per intero la valle fangosa di Thangering, le arse petraie di Stok e gli orridi abissi di Herbor. Il suo viaggio fu lungo e periglioso, ma egli giunse infine, lacero e affamato, di fronte ai monaci. Qui egli stracciò le proprie vesti e si gettò in ginocchio. - Sommo Tessitore! - implorò - Sono povero, i miei figli soffrono la fame, la parete nord della mia casa sta crollando, mia moglie mi cornifica col venditore di succo di Jorshoth, la siccità devasta il mio campo, e le mie emorroidi sono grosse come la santità del glorioso profeta Meshe. Aiutami!
Il Sommo Tessitore dell'Handdara, il cui nome era Grenden, e il cui cuore era buono come la polpa dell'albero di Rer, prese le mani callose del povero di Tuerresh tra le sue e lo confortò.
- Non temere, mio sfortunato amico. - disse - Io vedo il tuo dolore, che è rotondo e nitido come le perle del greto del sassoso fiume di Geganner. Vedo la tua disperazione, che è calda e setosa come la flatulenza dello Yak Peloso delle alte montagne di Onnertherad. Le vedo come fossero mie... Ma non temere, perché la tua fortuna girerà come il fragile fiore di Argaven di fronte al vento impetuoso del Gobrin... - il tessitore indicò al povero la strada per Tuerresh - Ora va' a casa, amico mio. Raggiungi i tuoi, e vedrai come tutto sarà cambiato.
Il povero, con l'animo colmo di gratitudine, riprese la via del ritorno, verso gli abissi scoscesi di Herbor, i campi pietrosi di Stok, i torrenti di fango del gelido Thangering, e infine la misera Tuerresh. Grenden il Tessitore, il cui cuore era buono come la polpa di Rer, lo guardò allontanarsi con serenità.
Poi si immerse nella meditazione. Stava meditando da appena due mesi quando sentì che qualcuno scuoteva la sua tunica. Egli si destò, e vide con sorpresa che il povero di Tuerresh era di nuovo di fronte a lui. E fu doppiamente sorpreso, perché il povero di Tuerresh appariva incazzato come una biscia.
- Cosa ti porta di nuovo nell'Handdara, amico mio? - chiese Grenden il Tessitore.
- E me lo chiedi? - gridò il povero - Tu ti sei preso gioco di me!
Grenden, il cui cuore era buono come la polpa eccetera eccetera, sorrise.
- Perdonami, amico mio, ma non capisco. - disse - Forse che a Tuerresh non hai trovato tutto cambiato?
- Cambiato un paio di palle! - replicò il povero - In mia assenza i miei figli hanno fatto sei al Superenalotto e sono scappati con i soldi; la mia casa adesso è pericolante sulla parete sud; mia moglie mi cornifica con l'accomodatore di stufe; il mio campo è stato allagato dalla piena del fiume e adesso sta sotto due metri d'acqua; le emorroidi sono scomparse, in compenso mi sono venute la forfora, l'ernia al disco e le piattole.
Grenden il Tessitore, che aveva sempre il cuore buono come la polpa di Rer, ma che soprattutto era un bastardo dentro, allargò le esili braccia.
- Vedi, amico mio? - disse - Tu incolpavi della tua infelicità situazioni che invece erano innocenti. Esse sono cambiate, ma la tua infelicità è rimasta. E sai perché? Perché essa era dentro di te, e non fuori. Nulla è invisibile. Nulla è celato. Tutto è sensibile. Come tutte le stelle possono essere riflesse in una goccia di pioggia rotonda che cade nella notte, così pure tutte le stelle riflettono la goccia di pioggia. La verità è una questione d'immaginazione. Comprendi adesso?
Il povero di Tuerresh commentò la profonda rivelazione di Grenden prendendo il Tessitore a calci nel culo per tutto il monastero.
Era il sesto giorno di Orgoth, il terzo mese dell'anno. L'inverno iniziò l'indomani. E fu molto freddo.
2
Il rappresentante della corporazione mercantile del Focolare di Tuppeshem si presentò come Forseth Jar Mathumi Hot Dog Estralargen. Io dissi il mio nome, Genny Air. Lui sembrò considerarlo per un tempo spaventosamente lungo. Alla fine aggrottò la fronte sfuggente. - Cosa vi porta al nostro Focolare, Genny Air? - chiese.
- Pemmer Harge Kar Ith Yodel Ehmemens - dovetti fermarmi per riprendere fiato - dice che voi siete i migliori pellicciai della capitale.
Forseth annuì compiaciuto. - Confezioniamo gli abiti più caldi e morbidi di tutta Erhenrang, e anche di Gorinhering
e Hoeringhen.
- Chiedo perdono, nobile Estralargen... - interloquii.
- Chiamatemi pure XXL. - concesse graziosamente lui.
- Sapete dirmi perché i vostri nomi di città sembrano tutti dei gargarismi?
Lui ridacchiò. - Ah, il profeta Meshe direbbe che il più solido degli oggetti può soccombere o prevalere, a seconda del nome che lo accompagna. Gli oggetti non sono più solidi, coerenti e reali, di quanto non lo siano i loro appellativi.
- E significa...?
- Non ne ho la più pallida idea.
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