C’è uno scrittore di fantascienza che ha osato andare là dove nessuno era mai andato prima. Il suo peccato (originale?) è stato quello di prendere il signor Spock, il personaggio più affascinante di Star Trek, e rivoltarlo come un calzino. Il freddo, compassato, logico e calmo vulcaniano, trasformato in un irascibile e (diciamolo pure) permaloso alieno, nonché arrogante e insolente. Neanche Gene Roddenberry, il papà della serie televisiva, aveva osato immaginare tanto. Lui che, dopo la bocciatura del primo episodio pilota da parte dei responsabili della NBC, si era battuto a lungo affinché Spock restasse tra i principali personaggi del telefilm, orecchie appuntite comprese.
Di chi stiamo parlando? Di Theodore Sturgeon e dell’episodio della serie classica Il duello - Amok Time in inglese - uno dei più amati tra i fans.
L’inventore del pon farr
Com’è noto l’episodio ci presenta uno Spock stranamente irrequieto: rifiuta il cibo, cerca di isolarsi, è particolarmente violento. Kirk, preoccupato per le sorti del suo ufficiale scientifico ed amico, ordina una visita medica, dalla quale scaturisce che se il vulcaniano non tornerà sul suo pianeta natale, morirà. La causa di questo strano comportamento riguarda la biologia: ogni sette anni, i vulcaniani devono tornare su Vulcano per sottoporsi al pon farr, un antico rituale d’accoppiamento. Durante questa fase della vita, il cervello di un vulcaniano adulto soffre di uno sbilanciamento neurochimico che può portare anche alla morte. Arrivati su Vulcano, però, la promessa sposa di Spock lo rifiuta come marito e il rituale prevede che scelga un campione per un duello con Spock. Guarda caso, la vulcaniana sceglie Kirk, costringendolo a combattere con il suo ufficiale scientifico in un duello all’ultimo sangue. Ci vorrà l’astuzia del dottor McCoy per risolvere la situazione: inietta a Kirk un farmaco che simula la morte.L’episodio svela alcuni aspetti della cultura vulcaniana. Tra le altre cose, è in questa puntata che viene usato per la prima volta il famoso saluto vulcaniano: Live long and prosper, ma il contributo più significativo di Sturgeon all’Universo Trek è la formulazione della “Prima direttiva”, ossia una norma che impedisce alla Federazione dei pianeti uniti di interferire con le civiltà meno progredite. La “licenza poetica” che Sturgeon si prese, nello scrivere il soggetto de Il duello, era dovuta a due motivi: il primo è che lo scrittore americano è stato fra i più grandi della fantascienza e le tematiche da lui toccate nei suoi romanzi sono molto affini alla storia dell’episodio; il secondo è che era un caro amico di Gene Roddenberry.
Non era comunque un novellino nel campo della televisione. Prima di approdare a Star Trek, Sturgeon aveva già scritto due script per un’altra serie televisiva del 1951, dal titolo Out There. La serie - di cui furono prodotti solo dodici episodi - si presentava come un’innovativa serie antologica di fantascienza, il cui target era un pubblico decisamente adulto. La serie pescava a piene mani dalle storie dei migliori scrittori di science fiction dell’epoca, tra cui Ray Bradbury, Robert A. Heinlein e Murray Leinster.
Il suo debutto nell’universo di Star Trek avviene già nella prima stagione, con l’episodio Shore Leave (Licenza di sbarco), dove l’equipaggio dell’Enterprise, sbarcato su un pianeta per una breve licenza, è vittima di strane, ma anche pericolose, burle: McCoy vede Alice inseguire un coniglio bianco, Sulu trova un antico revolver funzionante e Kirk incontra Ruth, un vecchio amore. Alla fine l’equipaggio scoprirà che il pianeta è interamente automatizzato ed è una sorta di disneyworld, pronto a soddisfare tutti i desideri degli uomini dell’Enterprise.
Già in questo script ritroviamo alcuni temi portanti della sua produzione letteraria, anche se l’episodio è più vicino alle storie appartenenti alla prima fase della sua carriera.
La psicologia di Spock
Sturgeon - il cui vero nome è Edward Hamilton Waldo – è nato nel 1918 a New York. Compie i suoi primi passi da scrittore, nel 1937, ma il debutto nel mondo della fantascienza avviene nel 1939, con il racconto Ether Breather, pubblicato sulle pagine della rivista Astounding Science-Fiction diretta da John Campbell. La sua produzione letteraria rimane fino al 1945 abbastanza immatura: si tratta di racconti destinati ad una lettura fugace e leggera, privi di quella sensibilità che ha fatto dello scrittore americano un unicum della fantascienza anglosassone. È dopo la Seconda Guerra Mondiale che Sturgeon scrive i suoi migliori romanzi: da Cristalli Sognanti (The Dreaming Jewels, 1950) a Nascita del Superuomo (More than Human, 1953) fino a Venere più X (Venus Plus X, 1961). Al centro della produzione letteraria dello scrittore newyorchese c'è l'Uomo, con le sue nevrosi, i suoi problemi, le sue aspirazioni, il senso di smarrimento connaturato nell'anima.
Con Nascita del Superuomo, ad esempio, Sturgeon è riuscito, come pochi altri, a re-inventare il classico tema del diverso, del mutante, dell'alieno in senso lato. Ma nonostante il non troppo felice titolo italiano, quest'opera dello scrittore americano è un meraviglioso affresco sulla condizione umana nella società postmoderna. Solitudine, incomunicabilità, paura degli altri sono solo alcuni dei temi trattati.
I protagonisti del romanzo - premiato con l'International Fantasy Award nel 1954 - sono un idiota che ha la facoltà di leggere i pensieri altrui, una ragazzina capace di muovere gli oggetti col pensiero, due bambine di colore con un handicap di fonazione e in grado di teletrasportarsi dove desiderano, un neonato mongoloide con un cervello paragonabile ad un computer, un ragazzo con istinti da delinquente. Presi singolarmente sono dei subnormali, dei disadattati, ma insieme costituiscono un essere superiore, un gradino nell'evoluzione della razza umana. La loro esistenza è caratterizzata da una costante ricerca di un posto nell'Universo, una ricerca irta di ostacoli, piena di dolore e fatica, densa di un'ostinata speranza nel cambiamento.
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