Alex è appassionato di musica classica e nutre un amore viscerale per le sinfonie di Ludwig van Beethoven. Alex è anche un amante del linguaggio, del quale fa un uso creativo e originale, mescolando schegge di lingue slave e orientali allo slang di strada, in un guazzabuglio che ha quasi del poetico. Alex è anche capo di una ganga: lui e i suoi “tre soma, cioè Pete, Georgie e Bamba”, si divertono ad affogare la solitudine delle notti metropolitane in flussi sempre più massicci di ultraviolenza. Ogni sera ripetono il gioco della sopraffazione, celebrando quello che è ormai divenuto un rituale di cui a farne le spese sono, indiscriminatamente, ragazze, uomini, vecchiette, barboni o nuclei familiari. Nessuno può dirsi al sicuro, quando i quattro sono per strada. Ma la vita ha in serbo diverse sorprese per Alex. Dopo il tradimento dei suoi stessi sodali, in prigione entra in contatto con un mondo ancora peggiore di quello che ha imparato a conoscere per strada. Tra le quattro pareti di una cella è molto difficile esercitare il proprio diritto alla sopravvivenza, e per questo Alex accetta di sottoporsi al Trattamento di Redenzione, una innovativa metodologia psicoterapeutica per la riabilitazione dei criminali. L’esperienza cambierà il suo futuro…

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{1#Tutti conosceranno il personaggio reso immortale dalla folle espressione di Malcolm McDowell nel capolavoro cinematografico di Stanley Kubrick. Ma il lettore del libro di Anthony Burgess potrà cogliere sfumature insospettate di questo singolare Uomo Nuovo. Mai, come in questo caso, infatti, libro e film rappresentano i due aspetti complementari di un’opera nata nell’animo del suo autore e completatasi attraverso lo sguardo lucido e spietato del regista. Il protagonista del romanzo, oltre ad essere molto più giovane di quello del film, segue anche un percorso di maturazione diverso e, sicuramente, più sofferto e complicato. Si tratta solo di sfumature, certo, ma la struttura simmetrica del romanzo (che manca invece alla sua trasposizione cinematografica) e il resoconto appassionato del protagonista (che nel film, per ovvie ragioni, viene drasticamente diluito) sono due valide ragioni per concedersi il piacere di una lettura piacevole come un carnevale lisergico e violenta come un pugno nello stomaco.

“Alex è veramente malvagio” scriveva Burgess “a un livello forse inconcepibile, ma la sua cattiveria non è il risultato di un condizionamento teorico o sociale – è una sua impresa personale in cui si è imbarcato in piena lucidità”. Di qui l’inevitabile distinguo tra Alex e qualsiasi esponente di un’organizzazione politica e/o criminale tramandataci dalla storia. Alex non è un paranazista, come pure potrebbe sembrare a uno sguardo disattento e superficiale: nessuna ideologia è sottesa alla sua azione, nessuno scopo se non quello puro e semplice della sopraffazione muove le sue azioni. Per questo le sue vittime forniscono uno spaccato fedele della società. Una società che, dal canto suo, è invece nelle mani di gente senza scrupoli, disposta a tutto per la sete di potere, in grado – loro sì – di esercitare con metodo una logica di violenza totale, assoluta.

Il sistema politico del suo mondo è un sistema fascista, malgrado molti critici abbiano spacciato per vero l’erroneo parallelo con una società comunista. Alex vive in un mondo fascista, i cui governanti non si fanno scrupolo di ricorrere ai suoi servigi per i propri scopi. In questo confronto, è evidente su chi ricada il monito di Burgess e di Kubrick. Ma la lettura dell’opera non si esaurisce a questo.

Infatti, un altro dubbio emerge dalle righe del romanzo: sarebbe davvero migliore e preferibile un mondo programmato per essere buono e inoffensivo, rispetto a un mondo di violenza assunto scientemente? Ricordiamoci chi è Alex prima del trattamento: è un ragazzo che ama la musica, fa un uso creativo del linguaggio e cede al suo istinto di violenza. Tre elementi, a ben guardare, presenti in ognuno di noi, magari in dosi più moderate. Alex ha solo spinto all’eccesso tre spinte comuni nell’uomo, di qualsiasi credo esso sia e qualunque sia la sua ispirazione politica. Come scriveva Burgess, “alcuni spettatori del film sono stati turbati dal fatto che Alex, malgrado la sua crudeltà, è comunque degno di affetto. Ma se noi ci disponiamo ad amare il genere umano, dovremo amare Alex come membro pur sempre rappresentativo.” Alex è uno di noi.

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Anthony Burgess (1917-1993) è considerato uno dei più grandi autori inglesi del Novecento. Mentre lui è al fronte in Oriente, tre disertori americani, nel 1942, in una Londra squassata dai bombardamenti nazisti, si rendono protagonisti di un “crudele e inconsulto atto di violenza” ai danni di sua moglie. Come ammette lui stesso “ritrarre la violenza (in questo libro, N.d.R.) doveva essere un atto catartico e caritatevole insieme”. Critico letterario, esperto conoscitore di musica, uomo di interessi molteplici e sperimentatore di linguaggi, è stato tra gli autori inglesi più prolifici e tradotti. Tra le sue opere: La Dolce Bestia, MF e la Trilogia malese (tutte edite da Einaudi), Il seme inquieto, Il dottore è ammalato e Notizie dalla fine del mondo (editi invece da Fanucci). Sul libro che gli diede la fama scriveva: “Se Arancia Meccanica, così come 1984, rientra nel novero dei salutari moniti letterari – o cinematografici – contro l’indifferenza, la sensibilità morbosa e l’eccessiva fiducia nello Stato, allora quest’opera avrà qualche valore”.

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