La narrativa italiana di fantascienza ha prodotto, in quasi mezzo secolo cioè dagli anni '50, epoca pionieristica di periodici quali Oltre il cielo o Scienza fantastica migliaia di racconti (non è facile fare una stima numerica precisa), sparsi sulle pagine di una quantità indefinita di riviste professionali e, soprattutto, semiprofessionali o amatoriali.
Si tratta di una mole davvero cospicua di materiale. Come avviene per qualsiasi genere di narrativa in ogni parte del mondo, un buon 90% forse anche 95% di questi lavori merita inevitabilmente l'oblio. Per contro, anche un calcolo approssimato che ipotizzi (limitativamente, si badi bene) l'esistenza di tre/quattromila racconti italiani, ne lascia supporre l'esistenza di almeno un paio di centinaia tuttora leggibili (certamente sono di più...), con molti dei quali si potrebbero ancora compilare ottime e corpose antologie.
Scopo della presente nuova rubrica, cari amici, è proprio attingere a questo "cinque per cento" circa, per proporvi in ogni numero di Delos un racconto a nostro avviso significativo e tracciare, alla lunga, una sorta di mappa della sf italiana a partire dai primordi.
Ovviamente potremo presentare in alternativa anche estratti di romanzi italiani apparsi a suo tempo se, a loro volta, esemplificativi delle tematiche o dello stile d'un autore.
Non è nostra intenzione riferirci a una fantascienza italiana in competizione con quella americana. E' una vecchia, e personalmente ritengo decrepita querelle. Gli Usa sono tuttora, lo si voglia o no, la massima fucina dell'immaginario tecnologico contemporaneo; è pertanto inevitabile che essi siano stati e restino ancora la patria della sf occidentale moderna. Noi vorremmo tuttavia mostrare, a chi ancora non ne avesse avuto occasione, che esiste da quasi mezzo secolo una nostra sf valida, interessante, ricca di idee; che tale fantascienza in taluni periodi ha espresso determinate tendenze; non di rado ha evidenziato tratti di originalità rispetto ai modelli statunitensi; e infine risulta talora scritta con evidente consapevolezza letteraria. Ma soprattutto vorremmo offrire, a nuovi estimatori e ai vecchi appassionati, una lettura (o rilettura) che non faccia rimpiangere il tempo speso, e stimoli magari il desiderio di proseguire nella esplorazione (ma accidenti... cos'altro si potrebbe chiedere, a una pagina di narrativa!)
Per anni, in passato, si è discusso se il miglior Aldani fosse all'altezza del miglior Simak, o se è vero che "un disco volante non può atterrare a Lucca." Questa frase fu coniata da Fruttero & Lucentini, scrittori non di sf, traduttori di elevato livello, e per vari anni curatori di Urania; in soldoni, voleva significare che gli italiani non sono in grado, quasi per carenze genetiche, di scrivere science fiction. Un letterato sentenziò a sua volta che noialtri "siamo un popolo di poeti, di navigatori, di santi ma non, enfaticamente non, di scrittori di fantascienza"...
Potrei continuare.
Fortunatamente oggi 1999 nessuno avrebbe la presunzione di esprimersi in termini talmente apodittici e, soprattutto, prevenuti. E anche se occorre lavorare ancora molto per creare un nucleo ampio e stabile di scrittori validi e accreditati (come da decenni si è riusciti a fare in Francia), alcuni nostri autori stanno dimostrando di essere graditi al pubblico anche sulla misura del romanzo (gli esempi sono ormai sotto gli occhi di tutti); inoltre si pubblicano raccolte di racconti. Sulle cause finora impedienti in Italia, dicevamo, si è tanto discusso in passato e, se del caso, si potrà ritornare in questa sede. Ma intanto eccovi la nostra rubrica, magari piccola benché alquanto ambiziosa: infatti essa vorrebbe per così dire cominciare a saldare il conto anche retroattivamente...
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