Galileo colpisce ancora
Era da quasi vent'anni che gli scienziati speculavano su quest'idea, ma mancava ancora la prova, l'esperienza diretta che poteva tramutare l'ipotesi in scoperta scientifica. E dopo oltre 350 anni ancora una volta ci mise lo zampino Galileo attraverso la sonda che porta il suo nome e che rappresenta, almeno fino ad ora, il massimo sforzo umano rivolto allo studio e alla conoscenza dei satelliti galileiani.
Portata nello spazio il 18 ottobre 1989 dallo shuttle Atlantis, la sonda Galileo consiste di due sofisticate apparecchiature. La prima è una sonda atmosferica, il cosiddetto Galileo Probe, progettato per entrare nell'atmosfera di Giove, cosa che fece con successo il 7 dicembre 1995, quando misurò per la prima volta direttamente l'atmosfera del gigante gassoso. Ovviamente l'entrata nell'atmosfera della sonda ha determinato anche la sua distruzione, ma il sacrificio non è stato vano, vista l'enorme e importantissima mole di informazioni inviate alla Terra prima della sua disintegrazione. Miglior sorte è invece toccata alla seconda apparecchiatura della sonda Galileo, il cosiddetto Galileo Orbiter, una sonda orbitale progettata per entrare nell'orbita di Giove e osservare non solo il più grande pianeta del Sistema Solare, ma anche le sue lune e le cinture radioattive del sistema gioviano. Il 7 dicembre 1995, il medesimo giorno in cui il Galileo Probe fece il suo ingresso nell'atmosfera gioviana, il Galileo Orbiter entrò in orbita intorno a Giove dove si trova ancora oggi. Da allora, a intervalli di qualche mese, la sua traiettoria lo porta ad accostarsi a turno ai vari satelliti galileiani nei cosiddetti "fly-by". In particolare Europa è stata "avvicinata" ormai oltre una dozzina di volte, e in occasione di questi passaggi ravvicinati ha trasmesso alla Terra dati e immagini ad alta risoluzione come mai si erano potute vedere prima d'ora. E grazie a queste osservazioni ha fatto delle scoperte sensazionali.
Il tiro alla fune cosmico
Immaginate una sfera di cristallo. Supponete che vi cada per terra, si rompa in mille pezzi e che voi, con pazienza certosina, vi dedichiate a rimettere tutti i pezzi insieme con la colla. Ebbene, quello che otterrete sarà qualcosa di simile a Europa. La sonda Galileo ha inviato numerosissime immagini della caotica superficie di questa luna, le quali hanno confermato le ipotesi avanzate dai ricercatori dopo le missioni Voyager. Solo la presenza di un'attività geologica in tempi relativamente recenti può spiegare una siffatta conformazione superficiale e quest'attività può essere dovuta solo a un tiro alla fune gravitazionale di proporzioni cosmiche tra Giove e le altre lune. La superficie di Europa è una sfera ghiacciata rigida al di sotto della quale si trova del materiale fluido. Nel corso di un giorno "europeo", gli enormi effetti mareali dovuti alla gravitazione alzano e abbassano lo strato fluido sottostante che va a premere sulla crosta superficiale, rompendola. Nessuno però ha ancora potuto osservare direttamente che cosa accade quando la crosta si frattura, e negli ultimi vent'anni gli scienziati non hanno riscontrato alcun cambiamento sulla superficia di questa luna. Ciò non significa che il satellite sia ormai geologicamente inattivo, del resto i tempi cosmici non sono comparabili a "soli" vent'anni, e i processi di "rottura" e "riparazione" potrebbero essere molto lenti, costanti e regolari, avanzando di un solo centimetro alla volta, oppure improvvisi come geyser o vulcani di ghiaccio, facendo piovere il materiale sottostante sulla superficie. Il fatto che nessuno dei due fenomeni sia stato ancora osservato, ci lascia aperti ancora molti interrogativi sulla natura di questo singolare comportamento geologico. Ma, se questa è ormai molto più di una semplice ipotesi, allora, che cosa c'è davvero "sotto" la superficie? Che cosa è il materiale fluido responsabile degli effetti di marea? La sonda Galileo avrebbe risposto anche a questo.
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