Una disputa
Nel 1614, Simon Mayr un astronomo di origine tedesca, conosciuto all'epoca con il nome di Simon Mario, che aveva studiato a Praga con Keplero e nei primi del '600 anche a Padova dove probabilmente aveva assistito a delle lezioni tenute dallo stesso Galileo, pubblicò un libro intitolato Mundus Iovialis, nel quale non solo attribuiva dei nomi tratti dalla mitologia greca ai quattro satelliti galileiani, ma ne rivendicava anche la paternità della scoperta, affermando di aver iniziato le osservazioni delle lune di Giove verso la fine del novembre 1609 e di aver cominciato a prenderne nota a partire dal 29 dicembre 1609, proprio qualche giorno prima di Galileo. Benché Mayr stesse contando i giorni col calendario Giuliano, e che col calendario Gregoriano il 29 dicembre 1609 diventava l'8 gennaio 1610, appare quantomeno sospetto il fatto che Mayr, alla distanza di quattro anni, rivendicasse la stessa scoperta di Galilei, per pura coincidenza, addirittura nei medesimi giorni dello scienziato pisano. In effetti Galileo non la prese bene e, con la pubblicazione de Il Saggiatore, nel 1623 rispose per le rime al suo avversario:
"E notisi, appresso, la sagacità colla quale egli vuole mostrarsi anteriore a me. Io scrissi nel mio Nunzio Sidereo d'aver fatta la mia prima osservazione alli 7 di gennaio dell'anno 1610, seguitando poi l'altre nelle seguenti notti: vien Simon Mario, ed appropriandosi l'istesse mie osservazioni, stampa nel titolo del suo libro, ed anco per entro l'opera, aver fatto le sue osservazioni fino dell'anno 1609, onde altri possa far concetto della sua anteriorità: tuttavia la più antica osservazione ch'ei produca poi per fatta da sé, è la seconda fatta da me; ma la pronunzia per fatta nell'anno 1609, e tace di far cauto il lettore come, essendo egli separato dalla Chiesa nostra, né avendo accettata l'emendazion Gregoriana, il giorno 7 di gennaio del 1610 di noi cattolici è l'istesso che il dì 28 di decembre del 1609 di loro eretici. E questa è tutta la precedenza delle sue finte osservazioni. Si attribuisce anco falsamente l'invenzione de' loro movimenti periodici, da me con lunghe vigilie e gravissime fatiche ritrovati, e manifestati nelle mie Lettere Solari, ed anco nel trattato che publicai delle cose che stanno sopra l'acqua, veduto dal detto Simone, come si raccoglie chiaramente dal suo libro, di dove indubitabilmente egli ha cavato tali movimenti."
Il toro e la fanciulla
Ma se la scoperta dei satelliti nei secoli seguenti fu attribuita in maniera indiscussa a Galileo, si deve comunque a Simon Mayr l'attribuzione originaria dei nomi con i quali ancora oggi chiamiamo i quattro satelliti interni di Giove. Mayr propose questa denominazione dopo aver colto un suggerimento datogli da Keplero, al quale infatti viene riconosciuta la co-paternità del nome. A questo poposito nel suo Mundus Iovialis, Mayr infatti scrive:
"Giove è molto biasimato dai poeti per i suoi amori clandestini. In particolare tre fanciulle vengono ricordate per essere state corteggiate di nascosto da Giove con successo. Io, figlia di Inaco, Callisto figlia di Licaone ed Europa figlia di Agenore Poi c'era Ganimede, il bellissimo figlio del Re Tros, che Giove, sotto forma di aquila, trasportò in paradiso sul suo dorso. [...] Perciò ritengo di non dover essere considerato inpportuno se il Primo [satellite N.d.R.] verrà da me chiamato Io, il Secondo Europa, il Terzo, vista la sua maestà di luce, Ganimede, il Quarto Callisto...[...] i particolari nomi attribuiti mi sono stati suggeriti da Keplero, Astronomo Imperiale, quando ci incontrammo alla fiera di Ratisbon nell'ottobre del 1613. Così [...] in memoria della nostra amicizia che iniziò quel giorno, lo saluto come padre congiunto di queste quattro stelle [...]."
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