2. L'ossessione del doppio
Lo allontanai da me con furia; andò a sbattere contro la parete, mentre bestemmiando lo invitavo a sguainare la spada. Ero in preda a una eccitazione folle, e in breve lo costrinsi in un angolo. Allora affondai la spada con brutale ferocia nel suo petto, più volte. Ma quale linguaggio umano potrà descrivere lo stupore, l'orrore che si impadronì di me allo spettacolo che improvvisamente mi si offerse Wilson, il mio subdolo, irritante antagonista era dinanzi a me nell'agonia e non un particolare del suo abbigliamento, non un tratto dei singolari e marcati lineamenti del suo viso che non fossero i miei. E avrei potuto credere che a parlare fossi io stesso, quando disse:"Hai vinto, e io ho perso, ma d'ora in poi anche tu sarai morto, morto al mondo, alla speranza! Tu esisti in me; e guarda, con la mia morte, con questa immagine che è la tua, come hai definitivamente ucciso te stesso."
Edgar A. Poe, William Wilson, (Id., 1840)
In William Wilson, di E.A. Poe, l'antagonista del personaggio anticipa già, in un certo senso, le nostre tematiche. L'apparentemente inspiegabile sosia/alter ego del protagonista, è una proiezione delle nostre contraddizioni interne, dei nostri fantasmi che improvvisamente si materializzano, diventano esterni a noi stessi. Una sorta di sdoppiamento, anzi di frantumazione dell'io. Invece, l'antagonista/sosia/alter-ego che oggi vediamo avanzare trae, a ben vedere, le sue origini un paio di secoli fa, dalla fabbrica. E' lì che è nata la macchina (in senso lato), ed è questo il primo dei nuovi doppi che andiamo a illustrare.
"Come spieghi allora il fatto che tutti i Solariani ti credono un essere umano? Sono esperti in robotica, possibile che tu riesca a ingannarli così bene? O forse sono io l'unico che si sbaglia?""Niente affatto non è così."
"E allora, dammi la prova che sei davvero un robot. Mostrami il metallo sotto la pelle."
"Ma posso assicurarti che "
"Mostrami il metallo" l'interruppe Baley. "E' un ordine. Tu sei obbligato a eseguire i miei ordini."
Daneel si tolse la camicia; apparve la pelle chiara, cosparsa di peluria bionda. Premette un dito sotto il capezzolo destro e di colpo la pelle si aprì, per tutta la lunghezza del petto, mettendo a nudo il metallo lucente che si nascondeva sotto.
Isaac Asimov, Il sole nudo (The naked Sun, 1956)
Avrete riconosciuto Isaac Asimov, e in particolare Il sole nudo: una pagina che mi rimase subito impressa allorché la lessi, nel lontano 1957. Per me questa scena aveva qualcosa di inquietante, anche se non riuscivo a capire bene cosa, e ho voluto portarla alla vostra attenzione come uno dei primi esempi credo di un tema che tornerà sempre più nella sf (perché sempre più vicino alla realtà odierna).
In Asimov comunque il dubbio viene immediatamente risolto: basta aprire e guardare, e si capisce subito chi è uomo e chi è macchina, dov'è il biologico/naturale e dove l'artificiale. Ma già pochi anni dopo la faccenda non è più tanto evidente. Per esempio, nel racconto di Philip K. Dick Essere un Blobel (Essere un Blobel (Oh, to be a Blobel!, 1964), ne I difensori della Terra, Fanucci 1989). Ne riassumo l'idea per chi non la conoscesse. George Munster è stato un agente segreto in una guerra contro i Blobel, degli ET ameboidi che vivono su Titano. Per infiltrarsi, Munster ha dovuto subire a sua volta una temporanea trasformazione in Blobel. Il problema però è che, a guerra terminata e rientrato a casa, Munster scopre talora di ritrasformarsi improvvisamente in Blobel. Un processo che egli non riesce a controllare. Dopo varie disavventure tra il comico, il grottesco e il disperato (una cifra narrativa che negli anni Dick userà sempre meno) Munster si rassegnerà ad assumere stabilmente quella forma, ma non se ne darà troppo pensiero: anche perché deciderà di trasferirsi su Titano, dove anzi presso gli ormai pacifici Blobel acquisterà quella fama che mai si sarebbe sognato di raggiungere sulla Terra. E mentre strisciando e ondeggiando come un blob risale la scaletta dell'astronave che lo porterà via definitivamente, Munster saluta la Terra con queste parole: "Finalmente, sono un uomo di successo!" La linea di divisione tra umano e non umano si assottiglia sempre di più.
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