Umanoidi si diventa

Con le sue "mani", P1 fu così messo in grado di compiere azioni elementari come accendere e spegnere interruttori, impugnare le manopole delle porte e afferrare degli oggetti. Da questo punto di vista, i ricercatori giapponesi dovettero soffermarsi su tutta una serie di nuove categorie di problemi, dal riconoscimento degli oggetti, al dosaggio della forza da impiegare in determinate azioni. Per far determinare al robot l'obiettivo del suo movimento venne impiegata una videocamera, mentre utilizzando degli appositi segnalatori, il robot era in grado di stimare distanza e posizione. Dopodiché sceglieva un obiettivo, calcolava il percorso minimo e procedeva a muoversi verso di esso.
Nel dicembre del 1996 debuttò il suo successore. Leggermente più basso (1,82 m) ma più pesante (210 kg), P2 costituì un grande passo in avanti poiché cominciò a potersi regolare veramente da solo nelle sue azioni, utilizzando tecnologie wireless (i precedenti prototipi erano sempre collegati con fili). Per consentire a P2 di stabilire i passi da fare per salire o scendere una scala, fu utilizzato un sensore di forza a 6 assi per misurare i gradini affinché la macchina camminasse con continuità, stabilmente e senza saltare scalini. Il nuovo robot era poi in grado di spingere un carrello a una velocità fissata, portare con ciascuna mano un oggetto pesante fino a 2 kg riuscendo ancora a camminare stabilmente, e svitare bulloni. Anche dal punto di vista estetico, P2 aveva un aspetto già più umanoide del suo predecessore, ma fu con P3, nel 1997, che la Honda conferì alla sua macchina un aspetto molto più vicino a quello che il nostro immaginario ci suggerisce per un robot.
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