Aggiunge Berton: "Volevamo sottolineare come la vecchia generazione di robot fosse più limitata, meno potente, rispetto alla più moderna generazione. Abbiamo stabilito che la classe NS-4 avesse più o meno le stesse potenzialità degli esseri umani, mentre la classe NS-5 fosse quattro volte più potente".
I nuovi progressi tecnologici - ad esempio il Global Illumination Lighting Models (noto anche come "Balls & Bots"), l'HDR (High Dynamic Range), il Robo-Tile e l'Encodacam - hanno fatto sì che gli effetti visivi creati al computer si integrassero senza soluzione di continuità con le scenografie realmente esistenti e i personaggi in carne ed ossa.
Ogni sequenza generata al computer ha richiesto quattro passaggi: un primo passaggio è consistito in una prova con dei sostituti per i robot, per consentire a Proyas di comporre l'inquadratura e dare le sue indicazioni: si è trattato cioè di portare l'azione dal mondo sintetico a quello reale; un secondo passaggio ha visto in azione la cinepresa e gli attori in carne ed ossa, senza però i sostituti dei robot; nel terzo passaggio, la scena viene girata senza attori né robot; mentre nel quarto passaggio (definito dalla troupe "Balls & Bots"), una sfera cromata, una sfera grigia e un manichino a grandezza naturale (ribattezzato "Ozzie") sono spinti nell'inquadratura per prendere i riferimenti dell'illuminazione.
Per Io, Robot sono state utilizzate le più moderne ricerche in fatto di dinamica della luce e di rendering basato sull'immagine. "Queste creature hanno richiesto un processo di illuminazione estremamente complesso", dice Nelson. "Abbiamo dovuto studiare la luce come mai ci era successo su un set - non solo su come collocarla, ma anche sui suoi effetti su un oggetto. Oggi possiamo dire di sapere molte più cose".
La produzione ha utilizzato anche una speciale cinepresa della Digital Domain, detta Robo-Tile, in grado di riprendere immagini multiple in condizioni di luce che vanno da una estrema sottoesposizione ad una estrema sovraesposizione - ovvero, dall'ombra più scura alla luce più accecante. Grazie all'High Dynamic Range Lighting, queste immagini sono state poi applicate per illuminare ambienti e personaggi creati con la tecnologia digitale.
Un altro strumento particolarmente creativo, la Encodacam, ha permesso a Proyas di dirigere contemporaneamente sia il set virtuale che quello reale, il tutto in tempo reale. Benché originariamente studiata per i due sequel di Matrix, questa nuova tecnologia, l'ultimo ritrovato per portare il mondo della computer grafica all'interno dei teatri di posa, è stata effettivamente utilizzata per la prima volta in Io, Robot.
Una scena particolarmente complessa è stata quella che vede Spooner in fuga da un edificio che viene distrutto: per questa sequenza, i realizzatori hanno fatto ricorso a tutti i trucchi del mestiere, combinando esterni, set in studio, retroproiezione, computer grafica, modellini e modelli. "Alex adora queste scene complesse e ricche di dettagli, che per lo spettatore sono una vera festa per gli occhi", dice John Nelson.
A creare i modellini per questa scene è stata la società di effetti visivi Rainmaker, di Vancouver. I realizzatori dei modelli hanno impiegato vari mesi (all'incirca 30.000 ore di lavoro complessive) a costruire modellini in scala 1:4 e 1:6 della casa di Lanning - per poi vederli tutti distrutti nel giro di 3 secondi.
Questo modellino è stato realizzato con 30.000 mattoni, realizzati a Toronto in modo da essere delle repliche perfette e dello stesso colore dei mattoni utilizzati per il set costruito a grandezza naturale a Vancouver, mentre un'altra squadra ha costruito un altro modello della casa di Lanning, in scala 1:25, utilizzato per interagire con gli altri modellini.
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