
Un punto di passaggio sono gli anni Sessanta, quando Harry Harrison e John Brunner imporranno il tema della sovrappopolazione. Il cambiamento, dunque, è da un'oppressione che si rivolge principalmente al controllo della mente del cittadino a un'invasione ancora più intima, quella del corpo, che aveva avuto precursori in La rivolta dei pedoni di David H. Keller (1928) e in Limbo di Bernard Wolfe (1952): una artificializzazione dell'esistenza che va molto più a fondo della "semplice" manipolazione dell'opinione pubblica.
Ancora di più un punto di svolta è Philip K. Dick. Dagli anni Cinquanta in poi, sempre la lotta contro la distopia è una lotta dall'interno, senza l'opzione rassicurante della fuga nel luogo incontaminato. La mente è sempre manipolata (dalle droghe, dal conformismo, dal consenso, dall'ideologia), e lo spazio è, in fondo, uguale al nostro mondo. E in una delle sue ultime distopie, il postumo Radio libera Albemuth (Radio Free Albemuth) la possibilità di liberazione sta ancora in una cultura di resistenza: ma stavolta sarà una cultura imbevuta di modernità e tecnologia, la musica ascoltata dai ragazzini della sua California disseminata di gulag.
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