- L'inaniché?
- Lo sapevo che su di te potevo contare, Smith. - O'Brien sorrise. - Va' a casa e leggi. Come dicevano Marx e Rousseau, domani è un altro giorno.
- Non era Rossella O'Hara, quella?
O'Brian svanì inghiottito dal ventre plumbeo della notte. Winston rientrò nel suo monolocale dalle pareti tristi e s'immerse nella lettura de "Il Principio di Dilbert". Vi trovò, sviscerate e messe in chiaro, tutte le idee che, allo stato informe, gli frullavano da sempre nella testa. Scoprì ad esempio, finalmente, cosa cazzo fossero e a che cazzo servissero le misteriose "mission" e "vision" dell'azienda, capì perché per la burocrazia aziendale fosse molto più facile comprare un sistema informatico da un megamilione di dollari anziché una penna biro funzionante, comprese perché i consulenti venissero pagati profumatamente solo per produrre smogware (fumo) oppure per dire ai manager quello che gli impiegati sapevano già ma non erano mai riusciti a far ascoltare, intese che le ferocissime guerre commerciali tra le aziende erano più fittizie che reali (soprattutto perché i megadiririgenti delle varie società erano insterscambiabili tra loro e mutavano bandiera con estrema facilità), trovò conferma che nelle aziende gli ingegneri venivano assunti esclusivamente per trovare a posteriori giustificazioni plausibili e coerenza tecnica alle stronzate che i capi s'inventavano nel supremo disprezzo per la realtà, intuì che l'alto management era un'aristocrazia blindata in cui il potere passava dal padre al figlio e al cui confronto il feudalesimo carolingio era un sistema aperto e democratico... Tutto questo e tanto altro... (vedi appendici B, C, D, E, F, G del presente romanzo).
Lo beccarono la mattina dopo, non appena ebbe timbrato il cartellino.
- Smith Winston matricola B70263? - lo gelarono sulla soglia dell'ascensore. - Sei convocato al DipPers! Vieni con noi!
Winston non osò opporsi: i due ammassi di steroidi fasciati di pelle e borchie che lo avevano preso in consegna erano noti picchiatori e seviziatori sado-maso al soldo del DipPers (Dipartimento del Personale). Si lasciò trascinare al cospetto dello stesso responsabile dell'ufficio, un ometto dal sorriso crudele fisicamente a metà strada tra un criceto e il ministro Gasparri.
- Perquisitelo - ordinò.
Il volume proibito venne fuori in pochi secondi, anche perché, come Winston realizzò con orrore, era zuppo di RFID (tecnologia che si diceva il Grande CEO avesse ideato e realizzato in prima persona un sabato pomeriggio mentre si tagliava le unghie).
- Non vi dirò mai chi me l'ha dato! - strillò Winston con rabbia disperata.
- Non è necessario - disse O'Brien, comparendo a fianco del capo del DipPers.
- Ma... lei... - balbettò Winston, incredulo.
- Denunciare un potenziale sovversivo è un buon sistema per recuperare credito presso la Direzione, dopo quella seccante faccenda del SUCKMAZ-2 - spiegò l'altro in tono tranquillo.
- Intendete vaporizzarmi? - osò chiedere Winston, distrutto.
- Ah, ti vaporizzeremo senza dubbio, ma prima dobbiamo punirti per la tua condotta, assolutamente irriguardosa nei confronti del nostro sublime e maestoso CEO.
Lo fissarono lungamente con l'attenzione di un entomologo verso un paramecio. Poi il Capo del DipPers sorrise di nuovo, crudelmente, e sventolò un ordine di servizio fresco di stampa.
- Stanza 101.
- No! - urlò Winston, terrorizzato. - La stanza 101 no!
I due steroidi lo trascinarono di forza al suo nuovo posto di lavoro, il famigerato ufficio numero 101. Era una sala da otto cubicoli, la cui unica finestra (impossibile da chiudere perché il condizionatore d'aria era perennemente rotto) era posizionata tra lo scarico delle fogne cittadine e la chiesa di San Buridano da Favastorta, le cui campane suonavano a seimila decibel ogni trenta secondi. Nel corso degli anni vi erano stati rinchiusi i peggiori elementi dell'azienda, da "Trapano" Robson, noto per le sculture astratte che costruiva sulla scrivania usando come materiale edile le enormi caccole fosforescenti che estraeva dalle narici, a "Cornetta" Blix, la cui principale attività lavorativa consisteva nell'urlare tutto il giorno al telefono conversazioni private del tipo: "Gianni! L'ottimismo vola!" oppure "Maria? Il bambino ha fatto la cacca? E quanta ne ha fatta? E di che colore era?", passando per i fanatici con la T-shirt "Viva il cancro al polmone" che non smettevano di fumare nemmeno se anestesizzati e sottoposti a colonscopia intrusiva.
Lo stesso ordine di servizio che lo sbatteva alla stanza 101 assegnava Winston alla correzione delle bozze del saggio Truffare i consumatori alla velocità del pensiero, celeberrima opera di estrapolazione scientifica del Grande CEO, giunta alla decima edizione, che andava continuamente revisionata aggiungendo note che spiegassero perché la Realtà aveva l'incredibile ardire di non adeguarsi alle spaventose cazzate ipotizzate dall'autore.
Dopo qualche giorno di quel lavoro, il cervello ormai ridotto a una gelatina puteolente, Winston era ormai capace di fissare il cartello col motto "Il Grande CEO ti guarda" e rivolgere adeguati pensieri di servilismo e devozione verso quel così potente, geniale e bellissimo uomo.
Era ormai riuscito vincitore su se stesso. Amava il Grande CEO.
FINE
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