Poiché il Grande CEO non poteva in nessun caso essersi sbagliato (era un Genio della Finanza, Mago della Tecnologia ecc. ecc.), il post-it applicato al fascicolo ordinava di riscriverlo in modo che raccomandasse, adducendo ottime ragioni, la prosecuzione del progetto SUCKMAZ-2. In questo modo la colpa sarebbe ricaduta sugli impiegati che avevano redatto la nota: essi sarebbero certamente stati vaporizzati, cioè sbattuti in mezzo alla strada a calci nel culo a ingrossare la massa amorfa dei Preclav, e le loro precedenti mansioni affidate in outsourcing a qualche associata cinese o indiana ove i dipendenti venivano pagati in chicchi di riso pilaf.

Winston notò che il manager intermedio che aveva firmato la nota era O'Brien: essendo un dirigente, costui non rischiava certo la vaporizzazione, ma forse sarebbe stato espulso dai circoli più ristretti della nobiltà aziendale, e condannato alla perdita degli executive benefit quali poltrona in pelle umana, autista/gorilla, pianta di ficus, jus primae noctis sulle segretarie, acquario con dipendenti truccati da totani e chiavi dei cessi riservati ai manager. Un po' gli dispiacque: sentiva di avere qualcosa in comune con O'Brien, anche se non sapeva bene cosa.

Winston si affannò sull'attività di riscrittura per tutto il pomeriggio, penando in maniera non indifferente: il sinistro SUCKMAZ-2, più che un progetto, era una stronzata immane che nemmeno Giulio Tremonti avrebbe avuto il coraggio di presentare, e trovare argomentazioni a suo favore era un po' meno piacevole che spingere un elefante affetto da diarrea su per una scala a pioli.

Mentre sgobbava, vide un collega dal naso di dugongo ciondolare apparentemente in ozio per l'open space. Gli venne il sospetto che fosse un membro del ContrGest (Controllo di Gestione) messo lì per spiarlo, dato che in quei giorni si vociferava di una nuova incombente ristrutturazione. Tale termine indicava i procedimenti con i quali le aziende usavano colmare le voragini finanziarie provocate dalle spaventose cazzate commesse dai mega-manager, e che consistevano essenzialmente in terrificanti rastrellamenti di personale da vaporizzare. L'aspetto più raccapricciante delle ristrutturazioni era che per qualche misteriosa ragione funzionavano: difatti, più dipendenti un'azienda sbatteva fuori a calci nel culo, più le sue azioni salivano, cosa che non avveniva invece per nessun cambiamento nella dirigenza, al punto che si sarebbe potuto tranquillamente eleggere CEO un fagiano di dieci chili senza che gli azionisti battessero ciglio (tale evento si era concretamente verificato più di una volta).

Come conseguenza delle sempre incombenti minacce di ristrutturazione, in azienda gli impiegati si odiavano l'un l'altro, si pugnalavano alla schiena quando possibile, s'improvvisavano doppiogiochisti e delatori, inventavano gli stratagemmi più assurdi per ingraziarsi i capi e mettere in cattiva luce i concorrenti, in una lotta per la sopravvivenza che non conosceva tregue né misericordia.

Intrappolato tra l'ostilità verso il collega-spia e il terrore della vaporizzazione, Winston si sparò trentacinque caffé ristretti alla macchinetta, si concentrò sul lavoro e totalizzò quattro ore di straordinario, ovviamente non pagato. Chiuse la pratica e uscì dall'ufficio che era già notte fonda. Nello stomaco e su per la pelle aveva una specie di protesta, il sentimento che era stato derubato di qualcosa alla quale aveva pur diritto. Perché, si chiese, doveva sentire che tutto quell'ordine di cose era insopportabile, se non perché aveva una qualche specie di memoria atavica che le cose, un tempo, erano state differenti?