Per cominciare, puoi riassumermi la tua carriera come scrittore di fantascienza, dagli esordi fino ad oggi?

Presto fatto. La prima cosa di SF che ho scritto è il romanzo vincitore del Premio Urania: buona la prima! Poi ho scritto diversi racconti e articoli sull'argomento, principalmente pubblicati da Delos e da Intercom. E adesso, rieccomi! Ad ogni modo, sulla mia Home Page ( www.intercom.publinet.it/1999/Pietroselli.htm

)
si possono trovare tutti i testi editi e gli eventuali link. Ma la primissima cosa da me pubblicata è un racconto di spionaggio, in appendice su Segretissimo: era il 1990.

Quali sono i tuoi autori fantascientifici di riferimento? E quelli non fantascientifici?

Farmer, Ballard, Dick, Leiber... e ci metto anche un paio di autori che Urania ha smesso di pubblicare in quanto, ho letto in qualche editoriale, facevano franare le vendite della rivista: Ron Goulart e Serge Brussolo. Il primo era stato soprannominato "il fantascientista pazzo" nella quarta di copertina di un Urania, e ci avevano azzeccato in pieno. Trame assurde, surreali. Tutti quelli che amano Douglas Adams dovrebbero provare Goulart. Quanto a Brussolo, è un visionario folle, un creatore di mondi impossibili che vengono sviscerati in tutti i loro diverticoli. Per la letteratura tout court, direi Stevenson, Simenon, Borges, Landolfi, Sciascia, Steinbeck... e il Celine di Viaggio al termine della notte è semplicemente straordinario.

Tra la pubblicazione di Miraggi di silicio e quella di L'undicesima frattonube sono passati quasi dieci anni. Come pensi di esserti evoluto nel frattempo come scrittore? Quali sono le differenze più evidenti tra i due romanzi?

Direi, la struttura. Miraggi di Silicio è costruito attorno a un solo personaggio, il professor Aaron Porath e le sue vicissitudini. L'undicesima frattonube è un romanzo pluri-personaggio, e di conseguenza la sua struttura prevede un montaggio alternato, che diviene sempre più cadenzato man mano che la storia si sviluppa. Direi che questa è la vera differenza: il montaggio. Come diceva Hitchcock, "la cosa migliore sono le forbici" - e non si riferiva all'arma del delitto perfetto, ma alla quintessenza del cinema. Non so se questa sia un'evoluzione, ma forse prima ero interessato a costruire le scene, oggi mi intriga di più l'individuazione del momento giusto in cui tagliarle.

Nelle trame delle tue opere vengono spesso inseriti argomenti scientifici non banali (in questo caso, i frattali). Qual è la tua ricetta per la dose di scienza che deve essere inclusa nella fantascienza?

Q.b., come in cucina. Ogni storia ha bisogno della "sua" dose di scienza, non un grammo di più. A me non piacciono le assurdità palesi nella fantascienza, quel genere di assurdità dovuto ad ignoranza o a pigrizia. D'altra parte, un romanzo di fantascienza non deve essere un saggio scientifico. Ma nelle mie trame non sono presenti in misura importante argomenti scientifici, è solo un'illusione, fumo negli occhi, gioco di prestigio: direi semmai che sono presenti i miei interessi filosofici. La natura della realtà nel primo, la coscienza nel secondo.