Hai sviluppato per conto tuo il tuo metodo didattico?

Sì. Da ragazzo usavo questo metodo: leggevo testi di autori importanti, chiudevo il libro e tentavo di riscrivere la pagina che avevo appena letto. Cercavo di interiorizzare il metodo, lo facevo spesso con gli autori che apprezzavo, come Simak. Il ragionamento che facevo era: se riesco a interiorizzare questo stile, riuscirò anch'io a scrivere qualcosa del genere. Ovviamente poi bisogna andare oltre, come i giovani artisti che una volta andavano a bottega, apprendevano alla perfezione lo stile del maestro, e poi ne uscivano quando si sentivano pronti a fare qualcosa di nuovo e di diverso.

Non mi sorprende che citi Simak, visto che mi sembra uno degli autori che ti sono più vicini. C'è nelle tue opere un "sense of wonder", un senso della meraviglia e del mistero, nonché una positività di fondo, che sono qualità molto simakiane. Sei d'accordo?

Certamente! Il sense of wonder per me è fondamentale. E' qualcosa che sento profondamente dentro di me. Il mistero è la molla che mi fa scrivere. Viviamo tutti immersi nel mistero, ed è proprio nell'indagine sul mistero che io vedo il senso vero della fantascienza.

Cosa pensi della "crisi della fantascienza"?

E' un problema grosso. Ho visto che ci sono, grosso modo, due tendenze: c'è chi esorta a uscire dal "ghetto" e a mescolarsi alla narrativa normale, e chi invece, forse provocatoriamente, ritiene opportuna una reazione, un riappropriarsi della dignità di essere fantascienza. Io non saprei dire quale sia la direzione da prendere. Da un lato il ghetto di una volta oggi non ha più significato. Quel tipo di persone che leggevano le opere del "ghetto", cioè noi quando avevamo 15-16 anni, non ci sono più. Forse perché preferiscono interessarsi di Internet e videogiochi, o forse perché semplicemente se ne fregano del futuro. Noi invece eravamo tanti. Forse chi ha una sensibilità fantascientifica deve fare prima di tutto della letteratura, e poi magari inserire in quel contesto i propri elementi fantascientifici.

L'ultimo romanzo che ho scritto (in cerca di editore) può essere considerato, volendo etichettare, un "giallo". C'è il commissario, una donna sposata e scontenta che diventa la sua amante, un omicidio misterioso. Però a un certo punto arriva un personaggio che è in grado di viaggiare nel tempo. Ce l'ho messo perché mi piace. Il romanzo è ambientato a Pompei, e lui si sposta al momento dell'eruzione del Vesuvio. E il mistero si acuisce, assume contorni non solo gialli, ma mistery, fantastici. Grazie all'elemento fantascientifico. E questa possibilità di giocare con il tempo e con lo spazio mi piace un sacco.

Certo, se questa è la strada da percorrere, chissà... forse un romanzo come La scala infinita potrebbe non riuscire più a trovare una casa.