
Evoluzione e vita sono sempre state condizionate da un elemento: la forza di gravità, e ci si chiede se l'uomo riuscirà a prescinderne per conquistare lo spazio o altri pianeti. Nelle astronavi si può simulare una forza gravitazionale facendo ruotare la struttura su se stessa; su altri pianeti (Luna, Marte) la gravitazione è bassa e varia secondo la grandezza del corpo celeste. Insomma, fuori del suo mondo l'uomo troverà, come nel mare, un altro ambiente fortemente ostile. Una spedizione verso Marte durerebbe mesi (per riferirci al pianeta più vicino). Gli effetti di un'assenza o riduzione della gravità sono stati studiati in lanci, prove a terra, missioni Apollo e soprattutto nelle stazioni spaziali: i dati emersi sono poco confortanti. Gli astronauti in orbita per alcuni mesi hanno trovato serie difficoltà nel riabituarsi alla vita terrestre, e sono stati subito ricoverati in centri specializzati: gambe indebolite, cuore tachicardico; alcuni camminano piegati in avanti credendo di star diritti. Variando la gravità il sangue si distribuisce diversamente, irrora poco le gambe e causa rigonfiamenti al viso, muta addirittura la sua composizione: meno globuli rossi, globuli bianchi modificati; il cuore diventa brachicardico. Uno degli astronauti andati sulla Luna, al rientro manifestò conseguenze gravi al sistema cardiovascolare e due anni dopo ebbe un infarto. Lo scheletro perde calcio; al ritorno sulla Terra cresce il rischio di fratture e la riabilitazione può durare mesi. Anche la muscolatura s'impoverisce, anzi si rischia l'anemia muscolare. Si confondono i bioritmi, la minor gravità comunica un pericolosissimo senso di euforia che fa minimizzare i pericoli, le immagini mentali subiscono un degrado: neanche i sogni degli astronauti sono più gli stessi di prima.
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