Ce l'ha fatta. Eccolo qua, sembra uscito da un romanzo di fantascienza degli Anni Trenta, con quella sua forma da siluro con piccole ali, con quel suo ritornare sulla Terra usando una normale pista d'aeroporto, piccolo che sembra un giocattolo in mezzo ai jumbo jet. Eccolo qui, con il muso mezzo bruciacchiato mentre è ormai fermo sulla pista di Mojave, in California, a due passi dal deserto, con la mano del pilota che spunta fuori da uno dei piccoli oblò.
Come nei romanzi di bisnonno Verne e poi di Hamilton e Williamson e Heinlein, maestri della narrativa che raccontava il futuro. Come nelle loro storie di fantascienza non ci sono laboratori asettici, astronauti disinfettati e imballati in scafandri da robot. Ci sono tre persone normali, abbastanza anziane, che credono ai sogni. Il progettista Burt Rutan, il pilota Micheal W. Melville (proprio come quello di Moby Dick; ha 62 anni) e Paul G. Allen, socio di Bill Gates, fra gli uomini più ricchi del mondo; Allen che le agenzie americane definiscono "filantropo" perché lui non l'ha fatto certo per i soldi, ha finanziato questa impresa per finanziare il suo sogno.
Sulle orme di Lindbergh
E Paul Allen ce l'ha fatta: ieri la navicella Spaceship One, pilotata da Mike Melville ha raggiunto lo spazio, quel buffo siluro è uscito dalla nostra atmosfera e si è liberato dalla gravità della Terra. Per la prima volta nella storia, l'impresa è riuscita a una nave spaziale costruita interamente da una società privata e non da uno stato, come nel caso della Nasa, o da un consorzio di stati come avviene nel caso dell'Esa, ente spaziale europeo. Finora veicoli e lanci spaziali erano stati realizzati esclusivamente da enti pubblici. Per ragioni economiche: si consideri che il programma Apollo che ha portato l'uomo sulla Luna costò circa centomila miliardi di vecchie lire dell'epoca, come a dire più di un milione di miliardi di oggi, cioè più di cinquecento milioni di euro. Una bella cifretta. Ma si pensi anche che la piccola sonda Mars Express, tra lancio e tutto quanto, è costata più di 150 milioni di euro, 300 miliardi delle vecchie lire. Insomma: andare nello spazio costa. Al punto che i dieci milioni di dollari previste dall'X Prize rappresentano un parziale rimborso spese.
Che cosa è l'X Prize? E' il premio internazionale - simile a quello che venne istituito per la prima trasvolata oceanica e che venne vinto da Lindbergh - che verrà pagato all'impresa privata che costruirà un veicolo spaziale riutilizzabile capace di portare tre persone nello spazio suborbitale. Capace naturalmente anche di riportarle a terra e di ripetere la missione a sole due settimane di distanza. Tempo impensabile per i mastodontici shuttle, ancora fermi dopo la tragedia del febbraio 2003 quando lo shuttle Columbia si polverizzò in fase di rientro davanti all'occhio delle telecamere. I tentativi di costruire una navicella riutilizzabile, di grande agilità di utilizzo, sono già stati diversi. Negli Anni Novanta la McDonnell Douglas realizzò per esempio il "Delta Clipper", ma si rimase allo stadio di prototipo.
Ora la missione finanziata dal miliardario americano Paul Allen fa prevedere che il successo sia alla portata. L'obiettivo di questa missione era raggiungere lo spazio suborbitale, sebbene con un solo uomo di equipaggio, quindi con un peso notevolmente inferiore a quello di una navicella in grado di trasportare tre uomini di equipaggio. Tuttavia l'obiettivo è stato raggiunto, un passo decisivo è stato compiuto: la possibilità di raggiungere lo spazio senza impegnare potentissimi e costosissimi razzi costretti a sollevarsi da terra è percorribile. Perché Spaceship One è partita con i suoi propri razzi (riutilizzabili) dal dorso di un jet che già l'aveva sospinta a diciassettemila metri. Già una buona altezza, in grado di far risparmiare una notevole dose di energia e quindi di carburante. I motori a razzo della navicella si sono accesi per ottanta secondi, lunghissimi secondi, spingendo la navicella fino alla quota di cento chilometri, di fatto fuori dall'atmosfera, nello spazio, dove il cielo è sempre nero e sempre brillano le stelle. Nello spazio, ma a una quota non ancora sufficiente a entrare nell'orbita della Terra: per raggiungere l'orbita, conservando propellente anche per avviare la manovra di rientro, sarebbe stato necessario un bel po' di carburante in più.
2 commenti
Aggiungi un commentoIntrigante.Oramai voli simili sono routine 16 anni dopo.
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