- Un po' sfasato, eh, stamattina? - mi chiese Louis, il mio collega di Compartimento quando mi vide.
- Non so che cosa sia - dissi, non ancora del tutto in me. Premetti il pulsante del mio tavolo e dall'archivio cominciarono ad uscire le strisce dei dati. Come sempre, dimenticando ogni altra cosa, mi diedi a catalogarli, a confrontarne l'ordine, e via via che l'archivio me ne passava di nuovi, a paragonarli con i precedenti, aggiungerli o tenerli da parte secondo il loro significato. Poi, quando l'archivio segnalò di non avere altro, mi diedi a inquadrare le concatenazioni dei dati che avevo composto in un insieme dove potessero giustificarsi vicendevolmente e presentare, nella loro totalità, un modulo di significati.
Altri avrebbero inquadrato a loro volta i moduli che avrebbero ricevuti dalle sezioni equivalenti alla mia, in insiemi più complessi e sintetici. E i moduli così ottenuti, dal nostro e da tutti gli altri Istituti simili, avrebbero costantemente indicato, dalla Borsa alla mortalità infantile, dal numero dei delitti a sfondo sessuale alla produzione di acciaio, la situazione del Paese.
Soltanto che non mi riuscì di immergermi e lavorarci con la solita istintiva attitudine. Grattai, per così dire, proprio in alcune delle fasi che richiedevano soltanto cieco abbandono. Louis non se ne dovette accorgere, oppure lo credette probabile conseguenza del mio semintontimento mattutino.
La fine del turno, comunque, pose anche termine a tutte le mie possibili apprensioni. Non per nulla, ma non avrei saputo rispondere se mi avesse domandato cosa mi era capitato. Dalla sera prima riportavo un fastidioso mal di testa e un'impressione che non riuscivo a definire.
Uscimmo entrambi, e ci recammo alla solita rosticceria. La zona, qui, è piena di questi localucci, zeppi a quest'ora. In principio passavo dall'uno all'altro in cerca del posto e delle facce che più mi riuscissero simpatiche. Finché mi accorsi che, pur con le inevitabili differenze, tutto e tutti più o meno si somigliavano. Le impiegate della zona con le identiche tette, gli stessi occhi, lo stesso modo di camminare e ridere, quasi anche l'identico modo di vestire e, per i locali, vetri tavoli e banconi diversi solo nei particolari. Smisi così di cercare e divenni un habitué di questo, sul viale dietro il nostro Istituto.
Poi mi misero con Louis e fu naturale che si fosse assieme anche a colazione.
Al nostro tavolo vengono pure Lohuella e Letsy, due impiegate del nostro Istituto ma di un altro Compartimento. Lohu ed io andiamo abbastanza d'accordo.
I nostri turni coincidono e nel pomeriggio, terminato il lavoro, giriamo per il centro o andiamo al cinema o a casa di uno di noi a sentire dei dischi. La fine settimana la passiamo fuori città, a pescare o sciare secondo la stagione... ma anche questo è un elemento, isolato ed esclusivo come gli altri. Non so se anche Lohu lo avverta, la credo sensibile abbastanza per poterlo. A volte è come se volesse chiedermi qualcosa, mi scruta e anche io la guardo, lei rinuncia e, se siamo a letto, prende a baciarmi come pazza, a stringermisi contro e affondarmi le unghie nella carne. Sembra maniaca in quei momenti, disgusta se stessa per quello a cui si abbassa. E poi devo farla ubriacare perché non lo ricordi, il giorno dopo...
Anche allora, appena ci eravamo seduti e ci raggiunsero, Lohu sedette di fronte a me e Letsy a Louis. Mi guardò e si accorse di qualcosa, ma prese a mangiare senza dire nulla. Neppure io parlai. Finito, le accesi una sigaretta e uscimmo.
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